«Pronto a prendere altre manganellate se serve»

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«Il mestiere di sindaco sta diventando pericoloso…». Prova a scherzarci su, Leopoldo Di Girolamo, 61 anni, del Pd, il sindaco di Terni. Ieri mattina ha avuto la testa insanguinata e due punti di sutura dopo le cariche dei «celerini» alla stazione.
Colpito dall’ombrello di un manifestante, secondo la polizia.
«Ombrellata o manganellata, la questione è politica. I poliziotti per la prima volta hanno usato i manganelli contro i lavoratori e contro le istituzioni». Ora Di Girolamo è tornato a casa dalla moglie Antonella, «che per fortuna è come me — dice il sindaco — e non si spaventa di nulla quando c’è da difendere i diritti dei lavoratori. Prenderemo altre manganellate, se servirà. Martedì prossimo, 11 giugno, si torna in piazza per il futuro dell’acciaieria».
Le ha chiesto scusa, il questore di Terni, per il suo bernoccolo?
«Sì, mi ha chiamato quando ero sull’ambulanza, mi ha detto che lui aveva avuto l’ordine di impedire irregolarità all’interno della stazione».
Da chi l’aveva avuto, l’ordine?
«Eh, non lo so. L’orario dei treni, evidentemente, è diventato più importante della sicurezza delle persone. Ma la reazione della polizia è stata davvero immotivata, spropositata. La nostra era una manifestazione pacifica, come mille altre nella storia degli operai ternani. Terni è una città democratica. L’occupazione del binario sarebbe stata solo simbolica, come sempre».
Invece i «celerini» hanno usato il manganello.
«Una rigidità incomprensibile. E una gestione dell’ordine pubblico burocratica. Al di là delle scuse, sarebbe servita una professionalità adeguata. Peccato, perché Terni è una delle poche città in Italia dove i reati sono dati in diminuzione. Davvero una brutta pagina, per le istituzioni. Di sicuro, stavolta qualcuno ha sbagliato e spero che l’inchiesta del ministero l’appurerà. Affinché non succeda di nuovo».
Intanto, a Terni, l’acciaieria è in pericolo. In attesa di un compratore, si rischia la paralisi produttiva, più di 5 mila lavoratori guardano con preoccupazione al futuro.
«Noi, un secolo e mezzo fa, siamo diventati una città grazie all’acciaio e vogliamo continuare ad esserlo, consci perfettamente che l’industria di Terni può dire ancora la sua a livello europeo e mondiale. Durante la guerra, i tedeschi in ritirata avrebbero voluto minarla e farla saltare prima dell’arrivo degli alleati. Ma trecento lavoratori la occuparono e riuscirono così ad impedirglielo. Terni ci tiene molto, alla sua fabbrica».


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