Staminali, cura contro la Sla supera il primo test

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ROMA — La prima tappa nella sperimentazione delle staminali per la cura della Sla è stata superata. I test guidati dal neuroscienziato Angelo Vescovi alla Fondazione Neurothon di Terni hanno già ricevuto l’autorizzazione per andare avanti. I primi sei malati di sclerosi laterale amiotrofica (o morbo di Lou Gehrig) non hanno avuto effetti collaterali dopo l’infusione di staminali nel midollo spinale, a livello dei lombi. I prossimi sei malati, da settembre, riceveranno l’iniezione di cellule all’altezza della nuca. «È una zona del corpo più rischiosa, ma anche più importante in vista di una cura » spiega Vescovi, che di Neurothon è coordinatore scientifico. «Qui si trovano i neuroni motori che controllano la respirazione, distrutti nelle fasi avanzate della Sla».
Tra il 25 giugno 2012 e il 22 marzo 2013 i sei malati hanno subito il trattamento, con l’infusione di alcuni milioni di staminali (tra 2,5 e 5, in tre o sei iniezioni) prelevate dal cervello di un feto vittima di un aborto spontaneo. «È un numero di cellule molto alto, fra i più elevati all’interno di una sperimentazione » spiega Vescovi. I malati selezionati da Neurothon (una onlus presieduta dall’ex vescovo di Terni Vincenzo Paglia) avevano raggiunto uno stadio della malattia grave. «Per questo motivo è prematuro dire se il trattamento ha dato dei benefici. Obiettivo di questa prima fase era solo escludere effetti collaterali. Da questo punto di vista il test è andato bene, ma non mi sento di sbilanciarmi sui segni di miglioramento» prosegue lo scienziato. I sei oggi sono sottoposti a un trattamento blando di immunosoppressione. I prossimi sei volontari saranno scelti a uno stadio meno grave
della malattia. Inizieranno le iniezioni a settembre, al ritmo di una ogni tre mesi. Poi — ma i tempi restano da definire — la sperimentazione sarà estesa a un terzo gruppo di pazienti, questa volta con sintomi lievi. E lì sarà possibile cominciare a capire se, oltre a non causare danni, il trattamento offre anche speranze di miglioramento. Un altro paio di test simili, sempre a base di staminali fetali del cervello, sono in corso negli Stati Uniti. Dopo aver completato la prima fase, sono entrate nella seconda (che serve a misurare gli eventuali effetti benefici di una  cura). Obiettivo degli scienziati è capire se le staminali, una volta iniettate nel midollo, si limitano a produrre fattori di crescita che proteggono i neuroni non ancora intaccati dalla malattia oppure sono in grado di dare vita a neuroni nuovi. Pensando ai pazienti che si sono rivolti al metodo Stamina, mai sperimentato né autorizzato dall’Agenzia italiana del farmaco, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha ricordato che «le regole del metodo scientifico vanno seguite da tutti, perché tutelano i cittadini e garantiscono la bontà di una sperimentazione ». Mina Welby, la moglie di Piergiorgio (malato di distrofia e morto nel 2006 dopo una battaglia contro l’accanimento terapeutico), si è detta «emozionata, perché non c’è ancora una cura, ma si sta lavorando per trovarne una».


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