Snowden, Putin prende tempo “Nessuna decisione sull’asilo”

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MOSCA — A muso duro. La prima telefonata ufficiale tra Putin e Obama sul caso Snowden ha sfiorato i livelli di tensione di altre storiche telefonate tra leader dei tempi della Guerra Fredda. Alla collera di Obama che lo accusava di «aver violato la promessa di neutralità» fatta in altre conversazioni private precedenti, Putin ha dato il meglio di sé sfoggiando il classico tono finto-ottuso tipico dei burocrati e dei poliziotti russi. Cercando di nascondere la soddisfazione per il vantaggio che la situazione gli dà sullo storico avversario, ha ribadito che la Russia è costretta a prendere in considerazione la richiesta di asilo politico di Snowden. Se non altro perché la “Talpa” dell’Nsa che ha svelato al mondo i piani di intercettazione americani, è di fatto prigioniero dell’aeroporto di Mosca da tre settimane. Ogni tentativo di fuga sarebbe inutile come ha dimostrato la vicenda di un capo di Stato come il presidente boliviano Morales, bloccato in volo da Italia, Portogallo e Francia proprio su richiesta americana. Un Obama particolarmente irritato avrebbe risposto con vaghe minacce di possibili sanzioni e anche di ritorsioni immediate come la rinuncia a partecipare al G20 di San Pietroburgo dei primi di settembre.
Con la calma ostentata di chi si sente più forte, Putin ha risposto parlando del «rischio pena di morte» e dei «diritti umani da rispettare », divertendosi nel rovesciare il tradizionale gioco della parti potendo accusare lui per la prima volta gli americani di calpestare le libertà individuali. Poi quasi a tranquillizzare Obama, ma in realtà allungando i tempi di una esasperante trattativa, ha confermato che «nessuna decisione è stata presa».
Con la sua passione per i dettagli burocratici formali il Presidente russo ha spiegato che Snowden non ha ancora fatto pervenire alcuna richiesta.
Il tutto concluso con quella che per Obama è forse la considerazione più irritante: «In ogni caso la richiesta sarà presa in considerazione solo se Snowden garantirà di non danneggiare ulteriormente gli Stati Uniti». Frase vaga che non vuol dire molto. La “Talpa” è da venti giorni letteralmente in mano ai servizi segreti russi che inevitabilmente gli stanno strappando più segreti possibili. Averlo definitivamente, e a piede libero, sul territorio russo sarebbe per gli americani un vero disastro a livello di “intelligence”.
La scelta di Mosca è comunque chiara: prendere tempo e cercare di ammorbidire le posizioni americane che per anni hanno accusato Mosca per la repressione dell’opposizione interna, le posizioni sulla questione siriana e sullo scudo missilistico. E i risultati già si vedono. Obama in persona aveva lanciato il “caso Magnitskij”, l’avvocato morto in un carcere moscovita dopo aver accusato i vertici del governo russo. Adesso che Magnitskij è stato processato e giudicato colpevole da morto, non c’è stata alcuna scandalizzata reazione ufficiale. Nel frattempo, cosa che ha fatto indignare il Congresso Usa, Obama compra armi da Putin: una grossa fornitura di elicotteri militari per l’esercito afgano è stata affidata ad un costruttore russo.
Intanto, da Gleen Greenwald, il giornalista del Guardian che ha rivelato al mondo i “segreti” di Snowden, arriva un avvertimento per gli Stati Uniti: Washington, dice in sostanza il reporter, deve sperare che alla “talpa” non accada «nulla di male», perché è in possesso di altri documenti segreti ancora più esplosivi di quelli già pubblicati. Documenti che se fossero rivelati porterebbero gli Usa a vivere «il loro peggiore incubo».


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