Wikileaks diventa un partito la svolta di Julian Assange “Mi candido in Australia”

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LONDRA — Il sito delle soffiate diventa un partito. Si chiamerà WikiLeaks Party e, perlomeno per cominciare, parteciperà alle elezioni legislative che si terranno in novembre in Australia. Lo ha presentato ieri ufficialmente Julian Assange, parlando con Sidney in una conferenza su Skype dall’ambasciata londinese dell’Ecuador in cui il fondatore di WikiLeaks è rifugiato da oltre un anno, grazie all’asilo politico ottenuto dal paese sudamericano per sfuggire all’estradizione in Svezia, primo passo, secondo lui, di una possibile
deportazione negli Stati Uniti dove teme di essere processato per spionaggio e violazione di segreti di stato. Gli stessi reati imputati al soldato accusato di essere stato la sua fonte, Bradley Manning, il cui processo davanti a una corte marziale americana si avvia proprio in questi giorni alle battute finali,
con la prospettiva di una condanna all’ergastolo per l’imputato.
È presto per immaginare che conseguenze potrebbe avere per Assange la discesa in campo. «I principali valori del WikiLeaks Party saranno trasparenza, responsabilità e giustizia, il modello a cui ci rifaremo nell’esame di ogni questione importante per gli australiani: la riforma del fisco, le richieste di asilo, il cambiamento climatico», scrive lui stesso in un articolo pubblicato dal quotidiano The Australian.
«Non accetteremo leggi o politiche di governo basate su informazioni non accurate, poco conosciute o inadeguate ». Sembra la stessa filosofia di WikiLeaks, il sito della controinformazione planetaria, che con le sue rivelazioni sulla guerra in Afghanistan e in Iraq ha aperto uno squarcio sulle relazioni internazionali.
In Australia, il suo partito presenterà sette candidati al Senato, negli stati di South Wales, Western Australia e Victoria. In quest’ultimo si candiderà Assange medesimo. «C’è stato un graduale declino della democrazia in Australia negli ultimi trent’anni», ha detto la primula rossa di WikiLeaks nella conferenza via Skype. «Canberra (la capitale australiana, ndr.)
deve essere un luogo di luce, non di tenebre ». Un’allusione all’appoggio che il governo australiano ha dato agli Stati Uniti nel condannare le rivelazioni di WikiLeaks. Ma la creazione di un “partito di Wiki-Leaks” potrebbe andare al di là della vicenda personale del suo fondatore e delle rivelazioni su guerre e diplomazia, segnando un altro punto a favore dei partiti nati dal web, i piccoli partiti “pirata” che sfidano l’establishment, adottano nuovi metodi di comunicazione e promettono di rivoluzionare il sistema.
Le elezioni australiane contrappongono i laburisti del primo ministro Kevin Rudd (che ha recentemente sostituito Julia “la rossa” Gillard vincendo le primarie) ai conservatori. Se Assange venisse eletto, dovrebbe assumere il suo incarico in parlamento nel luglio 2014. A quel punto non è chiaro cosa accadrebbe, se scatterebbe una sorta di immunità parlamentare per lui che gli permetterebbe di lasciare l’ambasciata di Londra, o se sarebbe costretto a rinunciare al seggio e mandare in parlamento un altro membro del proprio partito al suo posto. Assange lasciò l’Australia nel 2010, ma ha mantenuto la cittadinanza. In Svezia è ricercato per violenze sessuali su due volontarie di Wiki-Leaks, accusa che lui ha sempre negato, sostenendo che si tratta di un complotto per trasferirlo eventualmente negli Usa. La magistratura britannica, dopo un lungo processo, ha concesso l’estradizione, ma a quel punto Assange è entrato nell’ambasciata dell’Ecuador e non ne è più uscito. La polizia vigila 24 ore su 24 per impedirgli di eludere la sorveglianza e scomparire. Cosa succederebbe se ne uscisse da deputato?


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