Verso la Grecia e oltre la crisi, il senso di una frontiera

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«Il mio mestiere è attraversare frontiere»: questa frase, con cui si apre Cocaine Nights di James Graham Ballard (pronunciata dal protagonista, che è un giornalista e scrittore di viaggi), può acquisire un valore emblematico nel riassumere il contenuto di Un’estate in Grecia. 4.000 Km ai confini dell’Europa nell’anno della crisi (Chiarelettere, pp. 160, euro 12,90), di Giuseppe Ciulla, giornalista freelance e instancabile viaggiatore. Protagonista di questo libro, infatti, è proprio la frontiera: «Se l’impero europeo ha delle crepe, è alle frontiere che vanno cercate», scrive l’autore, mettendosi in un’ideale continuazione con il suo precedente viaggio-inchiesta nell’Europa dell’est, raccontato nel 2011 in Ai confini dell’Impero. 5.000 chilometri nell’Europa dei diritti negati: un libro dove viene ampiamente dimostrato come l’Unione Europea, ai suoi confini, perda i pezzi e lasci sgretolare anche i diritti umani fondamentali.
Stavolta il viaggio si dirige verso la Grecia, purtroppo di attualità grazie alla crisi alla quale sono indissolubilmente legate parole come «debito pubblico», «banche», «spread». Mantre nei resoconti dei media la Grecia è trattata con indifferenza nonostante le tradizioni millenarie che ne fanno la vera culla culturale dell’Europa, il viaggiatore Ciulla si propone – lasciando da parte l’ansiogeno problema della crisi («Le storie che m’importano sono quelle che non hanno mai adattato la propria vita alla ragnatela della crisi») – di capire, di parlare con le persone, di leggere nei loro occhi e nelle loro storie la loro grande forza, la loro grande capacità di sopravvivere anche nelle condizioni più dure e di risollevarsi sempre («questi uomini sono samurai», dice).
Quella forza e quella resistenza il giornalista le trova esemplificate in una taverna di Atene in cui gli avventori, disoccupati, ascoltano le canzoni di Giorgos Zampetas (da loro definito «il nostro Pasolini» perché «canta le sofferenze del lavoro e della vita»); le trova in Panos e Angelika che, a Volos, hanno organizzato un movimento che compra le patate direttamente dai produttori, senza intermediari, e che ha creato anche una moneta alternativa all’Euro, chiamata Tem (topiki enallaktidi monada); le trova nei monaci del Monte Athos, dediti alla preghiera e alla spiritualità; le trova nella comunità Ktimafuga (cioè «fuga dalla proprietà»), produttrice autosufficiente di miele biologico; le trova nella gente d’Arcadia che danza tutta la notte («in una notte parallela, senza crisi, solo respiro») nella festa del panegiri, dedicata alla santa locale.
Il viaggio in Grecia di Ciulla si traduce anche nella presa di coscienza di una frontiera fra Europa e Asia: a Orestiada, estremo lembo greco proteso verso la Turchia, arrivano in continuazione migranti dall’Asia e dall’Africa dopo aver pagato migliaia di euro a trafficanti senza scrupoli. E qui, il governo ha deciso di erigere un reticolato alto cinque metri e lungo dodici chilometri nell’unico tratto di confine non segnato dal fiume Evros, stanziando 3.200.000 euro in tempo di crisi mentre a presidiare «ci sono più militari che a una parata nei giorni della festa nazionale»: «L’Europa, alla frontiera, mostra muscoli che non ha. Va a caccia di fantasmi, fortifica le mura, raddoppia le truppe in campo, ma sono operazioni di facciata, simboli e psicologia, suggestioni». Un viaggio che ci fa scoprire le ennesime, grossolane contraddizioni della democrazia europea ma anche l’anima del popolo greco, abituato da secoli a resistere a troppe sofferenze per farsi abbattere dalla crisi dei nostri tempi.


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