Letta: l’instabilità pesa sui conti ma non mi faccio logorare

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ROMA — L’instabilità politica che ha contribuito a far sforare il tetto del 3% non aiuta la cancellazione dell’Iva cui il centrodestra dice di subordinare la sua partecipazione all’esecutivo. Il presidente del Consiglio Enrico Letta, spiegando la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Def),passa all’attacco come aveva annunciato l’altro giorno. E nel pomeriggio si reca al Quirinale per spiegare al Capo dello Stato Giorgio Napolitano i punti centrali della futura legge di Stabilità ma anche per confermare la sua intenzione di non farsi logorare dal quadro politico. Ieri il capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta ha mostrato di non voler mollare l’osso della crisi minacciando per l’ennesima volta l’uscita dal governo «se non rispetta l’impegno di bloccare l’aumento Iva». Letta fa sapere alla sua rissosa maggioranza «che nelle ultime settimane si è interrotta la discesa dei tassi e non per colpa del governo». Ma è sull’Iva che ci saranno le maggiori fibrillazioni. Ieri infatti anche il segretario del Pd Guglielmo Epifani ha rotto gli indugi e, condividendo la preoccupazione di una parte dei democrat, dall’assemblea del partito ha chiesto al governo di non toccare l’Iva. «Sarebbe fortemente sbagliato dopo aver tolto parte dell’Imu, che aumenti di un punto l’Iva. Con la prima operazione infatti – ha affermato – si privilegiano i ceti medio-alti, con la seconda colpisci i ceti popolari, che non hanno redditi o vivono in condizione di povertà». Sul tema, ospite di Matrix , ha detto la sua anche il viceministro all’Economia Antonio Catricalà sostenendo: «Pur di non far salire l’Iva sono intenzionato a proporre una riduzione di tipo lineare della spesa pubblica». Si profila, come punto di mediazione, uno slittamento dell’aumento Iva di un mese (dal primo di ottobre al primo di novembre) in attesa di avere un quadro macro più completo.
Il premier ha comunque precisato che il dossier Iva verrà aperto nei prossimi giorni e che «nel consiglio dei ministri non se ne è parlato», E, leggendo tra le righe della nota durante la conferenza stampa, Letta ha annunciato che «ci sono 12 miliardi di euro nel triennio di interventi in corso per rilanciare l’economia, e questo è per quelli che dicono che il governo non ha fatto niente». Le cifre del Def approvate ieri dal consiglio dei ministri confermano le indiscrezioni – Pil in calo dell’1,7% e in salita dell’1% l’anno prossimo, deficit al 3,1% – a parte un dimezzamento degli introiti da privatizzazioni che passano all’1% del Pil a un più concreto 0,5% confermando che la soglia fissata dall’ex ministro Vittorio Grilli era troppo ambiziosa.
L’Europa guarda benevola alle ultime novità ma dall’ufficio del commissario agli Affari economici Olli Rehn si fa sapere «che prima l’Italia prende le misure per far rientrare il deficit sotto la soglia del 3% e meglio è». Per avere reazioni e commenti più ufficiali bisognerà attendere il 5 novembre quando la Commissione metterà nero su bianco le sue previsioni sullo scenario economico dei Paesi membri.
Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, prima in conferenza stampa poi in una lunga intervista al Tg1 , ha spiegato il cambiamento di clima con Bruxelles i cui rapporti «ora sono molto buoni, qualunque cosa di possa dedurre da alcune battute». Ha ribadito che «l’economia sta uscendo dalla crisi, il quarto trimestre sarà positivo e la crescita proseguirà anche nel 2014». Ha assicurato che la manovra per riportare il deficit al 3% «non avrà particolare impatto sulla situazione economica». E sull’Iva ha concluso che «ormai è una questione politica».
Roberto Bagnoli


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IL METODO SBAGLIATO

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L’UOMO del Colle è Franco Marini. L’ex leader storico della Cisl è dunque la figura super partes che, in continuità  con il settennato di Napolitano, può rappresentare «l’unità  nazionale». Una decisione sofferta, maturata nello schema delle «larghe intese» tra Pd e Pdl. Pierluigi Bersani la saluta come «una scelta di responsabilità », perché anche Marini può essere «il presidente di tutti».

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