Indulto, per l’ex premier l’ipotesi di uno sconto a metà

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ROMA — Consapevole che il percorso parlamentare dei disegni di legge su amnistia e indulto già presentati sarà lungo e accidentato, con il forte rischio di non portare a nulla di concreto, il governo resta a guardare. Gli uffici del ministero della Giustizia hanno avuto l’incarico di raccogliere elementi, monitorare la situazione e immaginare proiezioni su quel che potrebbe accadere se si adottasse un tipo di misura o un’altra, ma senza avanzare proposte. Quando poi la discussione entrerà nel vivo, e se mai l’ipotesi di un simile provvedimento dovesse realmente prendere corpo, allora arriveranno anche pareri, suggerimenti ed emendamenti. Non prima, però.
Del resto il messaggio del presidente della Repubblica che sollecitava un atto di clemenza per fronteggiare l’emergenza carceraria scesa ormai al di sotto del livello di sopportazione era rivolto al Parlamento. Al potere legislativo, non all’esecutivo. E com’era prevedibile, il dibattito politico sulle parole di Napolitano s’è subito incagliato sul dilemma se il senatore-imputato-condannato Silvio Berlusconi debba rientrare o meno tra i beneficiari dell’eventuale decisione. Anche all’interno del governo, se un giorno il ministro della Giustizia Cancellieri lascia intendere che l’ex premier ne resterebbe fuori e un altro il suo collega per le Riforme istituzionali Quagliariello ribatte che se una legge si dovesse varare «è evidente che debba valere per tutti». Compreso quindi il leader di Forza Italia (o del Pdl).
Ma già il botta e risposta è una deviazione dalla realtà, poiché con l’espressione «Berlusconi non c’entra» il ministro Cancellieri intendeva sottolineare che il problema di come affrontare il sovraffollamento delle prigioni con un intervento d’urgenza prescinde da quel singolo condannato, non che non lo avrebbe riguardato per principio. Dopodiché, l’estrema sensibilità dei due maggiori partiti della maggioranza (Pd e Pdl) su una questione che li divide anche al loro interno, consiglia il Guardasigilli di tenersi fuori dalla disputa. Almeno per adesso. Limitandosi ad auspicare «che il messaggio del capo dello Stato abbia il giusto riscontro che merita», come ha ribadito ieri.
Se l’ex presidente del Consiglio debba godere oppure no di un eventuale sconto di pena, dipenderà esclusivamente da come sarà scritta la legge. Il disegno di legge firmato dai senatori Manconi e Compagna ad esempio, punto di partenza del dibattito parlamentare, prevede espressamente che Berlusconi venga escluso sia dall’amnistia che dall’indulto. Perché la frode fiscale non è compresa nei reati cancellati (com’è accaduto in tutte le amnistie approvate in passato), e perché la riduzione della pena viene esclusa per coloro che hanno usufruito di quella sancita con la legge del 2006. Sorte toccata proprio a Berlusconi, il quale grazie all’indulto votato sei anni fa anche dal suo partito s’è già visto decurtare tre dei quattro anni di carcere ai quali è stato condannato. Proprio per questo, restandogliene uno solo, ha potuto presentare la domanda di affidamento ai servizi sociali alternativo alla detenzione, che ora dovrà essere valutata dal tribunale di sorveglianza.
È però verosimile che con una simile esclusione il Pdl decida di non votare la legge, lasciandola lettera morta visto che c’è bisogno della maggioranza dei due terzi sia alla Camera che al Senato (raggiungibile solo se Scelta Civica, Pd, Pdl e Sel votassero pressoché compatti, vista la già dichiarata contrarietà di «grillini» e leghisti). Una possibile mediazione potrebbe arrivare dagli indulti varati in passato, nei quali era stabilito che chi avesse già goduto di un provvedimento precedente potesse accedere a uno sconto pari alla metà di quello previsto dalla nuova legge. Nel caso di Berlusconi, se l’indulto fosse due anni a lui verrebbe applicato per uno, e ciò basterebbe a cancellare anche la pena residua. Resterebbe tuttavia in vigore la tagliola inserita nella legge del 2006, laddove prevede che se una persona indultata viene condannata per un reato commesso nei cinque anni successivi, il condono è revocato e la precedente condanna torna a vivere per intero. Nel caso di Berlusconi, se un giorno dovesse essere dichiarato definitivamente colpevole nel processo Ruby, quella pena rientrerebbe nel nuovo eventuale indulto, ma la condanna da scontare per frode fiscale risalirebbe a quattro anni. Con conseguente revoca dei benefici.
Giovanni Bianconi


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