«Bankitalia, conti da rivedere» Perché la Bundesbank ha detto no

Loading

Tale parere, positivo, era già stato definito ma l’intervento della banca centrale tedesca, arrivato proprio allo scadere del termine annunciato per la conclusione delle procedure, ha riaperto i lavori di approfondimento degli esperti legali di Eurotower. I quali per prima cosa si sono trovati a studiare l’eventuale impatto dell’opinione della Bundesbank, essenzialmente concentrata sul tema ultra tecnico dell’utilizzo dei principi contabili internazionali nella rivalutazione. Non è quindi ancora certo se si arriverà a un cambiamento del parere già formulato, cosa che richiederebbe di ripetere la consultazione delle banche centrali prima dell’approvazione da parte del Consiglio dei governatori, o saranno sufficienti alcuni chiarimenti. In Italia, dove il decreto sul riassetto proprietario di Bankitalia è già in vigore ed è all’esame del Parlamento per la conversione in legge, non si nutrono troppi timori sul fatto che lo stop a Francoforte possa mettere in discussione l’impianto della riforma. Non per nulla il governatore dell’Istituto di via Nazionale Ignazio Visco, ha chiamato a elaborare il progetto il vicepresidente della Bce, Lucas Papademos, proprio per un esame fedele delle compatibilità europee.
I dubbi della banca centrale tedesca non sono però per questo meno significativi. Anzi. Confermano, al di là dell’abitudine teutonica di spaccare il capello su ogni cosa, l’esistenza di conflitti nella gestione delle cose europee in generale e sulla riscrittura delle regole bancarie in particolare. Così anche la rivalutazione del capitale di Bankitalia, ancora ferma ai valori della sua costituzione, 156 mila euro, e buon’ultima tra le banche centrali ad adeguarsi, diventa terreno e pretesto di contrapposizione. E ben rende l’umore della Germania l’accusa all’Italia, ma anche alla Spagna, di fare «contabilità creativa» cioè di voler «creare capitale dal nulla» avanzata dall’ex vicepresidente della Bundesbank Christoph Zeitler, in un’intervista al quotidiano Boersen-Zeitung. «Qui deve essere chiamata in causa la Commissione Ue perché si rischiano distorsioni massicce della concorrenza fra le banche» ha dichiarato Zeitler chiarendo che la rivalutazione delle quote «serve per abbellire artificiosamente il patrimonio delle banche italiane azioniste». Accusa pesante che si inquadra nella procedura di valutazione dei bilanci e di stress test avviata dalla Bce su 130 istituti europei in vista dell’Unione bancaria per imporre trasparenza sui conti e sottoporre tutto il sistema alle stesse regole. E si inserisce nell’accesa trattativa in corso per definire i parametri degli stress test, in cui l’Italia si oppone a calcoli punitivi sul valore dei titoli di Stato in portafoglio e cerca di evitare che in caso di esiti negativi per una banca, a pagare, prima dello Stato, siano dopo gli azionisti anche i possessori di obbligazioni subordinate che per i 54 miliardi di titoli emessi dai 15 istituti sottoposti agli esami della Bce, più della metà sono famiglie. Il nostro Paese insiste poi anche sulla presenza di backstop europei, che invece la Germania non vuole, opponendosi al finanziamento del Meccanismo unico di risoluzione delle crisi. La battaglia è in corso come ha dimostrato l’impasse del vertice che si è svolto ieri a Berlino fra il padrone di casa, il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, il quale nei giorni scorsi ha avuto a riguardo un confronto con Draghi, il ministro italiano Fabrizio Saccomanni, il collega francese Pierre Moscovici e il presidente dell’Eurogruppo Jereon Dijsselbloem .
Stefania Tamburello


Related Articles

Le cinque tappe della crisi

Loading

Le tappe sono note. Negazione («Non sta succedendo nulla»). Rabbia («Perchè proprio a me?»). Negoziazione («Che posso fare per rinviare l’inevitabile?»).

Sì allo scambio crediti-debiti Ma solo a partire dal 2014

Loading

Il decreto cambia nella notte. Grilli, Passera e il duello con Canzio

Il ministro del lavoro Di Maio: “Ridurre i rinnovi dei contratti a termine”

Loading

Nota congiunta Ministero del lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal: l’80% dei nuovi contratti è a a termine. Come il governo intende cambiare il Jobs Act, senza toccare l’abolizione dell’articolo 18

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment