Quelle superscuole che raddoppiano la paga dei manager

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C’è chi le paragona alla serie A: possono esserci dubbi su chi vincerà lo scudetto, ma il gruppo di testa è sempre quello. Anche per le università «top» del mondo, le sorprese non toccano i primi posti delle classifiche, ma inseguitrici come Yale, che prende lo sprint e passa dal 15esimo al decimo posto; la svizzera Imd che guadagna sette posizioni ed è dodicesima. O la Sda Bocconi di Milano, unica italiana nel club dei cento migliori Mba al mondo: tra le fuoriclasse, dopo essere risultata, nel 2013, terza nel ranking dei migliori Mba internazionali (Usa esclusi), pubblicata da Forbes e 14esima in Europa nella graduatoria dell’Economist .
Il più prestigioso dei corsi dell’università milanese è 31esimo nell’elenco del Financial Times : ha scalato di otto gradini il ranking mondiale e, considerando solo le scuole europee, è all’undicesimo posto. Per il resto, confermato lo strapotere degli atenei statunitensi, con oltre la metà delle prime 100 posizioni occupate da scuole targate Usa. Harvard è ancora regina, ed è la quinta volta dal 1999, anno di nascita dei Master. La Stanford Graduate School of Business resta seconda, la London Business School ha sorpassato la Wharton (Pennsylvania), quarto posto.
Dalla combinazione di venti indicatori — dall’aumento di stipendio dopo il corso, alla rapidità di inserimento in posizioni di lavoro adeguate, dal grado d’internazionalità del corpo docente, alla qualità della ricerca – è uscita la rosa pubblicata dal quotidiano. Che mette uno dietro l’altro i prodotti bandiera delle migliori business school. Nella top ten, oltre alla Lbs, altre due europee: la francese Insead e la spagnola Iese.
Un programma, l’Mba, che nonostante la crisi resta il principale strumento di formazione dei manager, l’arma per garantirsi stipendi molto più alti dei «non Mba»: la crescita è tra il 90 e il 110%, da prima a dopo gli studi. In media, i superdiplomati Bocconi hanno visto crescere la busta paga del 112% a tre anni dal titolo (83.700 euro in media, con l’84% degli ex allievi al lavoro nel giro di tre mesi). E se la punta di riferimento restano i laureati di Harvard, che percepiscono circa 130mila euro (e 89 su 100 lavorano entro tre mesi), nel 2013 — dice il Financial Times — la novità è che si è assistito a un livellamento dei compensi tra Usa e Europa.
Oltre che per dare una spinta alla carriera, alcuni scelgono di tornare sui banchi anche per cambiare. Per esempio per passare dall’accounting al marketing. Obiettivo raggiunto per gli studenti del master Bocconi, sostiene Gianmario Verona, direttore del programma Mba di via Sarfatti. Spinto verso l’alto, dice, «grazie ai risultati del placement e alle crescenti opportunità internazionali offerte». «È un’ottima notizia — aggiunge — per i nostri studenti che vedono riconosciuto il valore del loro investimento». Che è decisamente importante: 46mila euro per 13 mesi di impegno full time, case studies e tanta didattica applicativa in aula» più tre mesi di internship (retribuita) in aziende ben propense a offrire interessanti opportunità a «stagisti» superqualificati.
Già, perché la domanda di diplomati Mba da parte delle multinazionali non risente della crisi: nonostante qualche punto percentuale perso in uno dei settori di sbocco tradizionali, l’investment banking, riceve una conferma la prospettiva della consulenza (che assorbe il 20% dei diplomati). «L’occupazione dei nostri diplomati però tiene — conferma Verona —, grazie ad altri settori, l’industriale, il farmaceutico e il tecnologico». L’85% degli studenti che hanno frequentato un master di primo o secondo livello trova un’occupazione a un anno dal diploma, conferma Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea, consorzio che monitora l’inserimento dei laureati nel mondo del lavoro.
«Ma non sempre si trova una pentola piena d’oro, ai piedi dell’arcobaleno», avverte Mariana Zanetti, dieci anni dopo un master in Spagna, alla Ie Business School. Nel libro «La bolla dell’Mba» racconta la sua esperienza, le difficoltà nel trovar lavoro, l’investimento «rovinoso». Jeffrey Pfeffer, docente di comportamenti delle organizzazioni a Stanford sostiene che un Mba sia uno spreco di soldi, a meno che non si entri in una delle top 15 del mondo.
Però basarsi solo sulle classifiche internazionali può essere fuorviante. Lo scatto in avanti del salario dopo l’Mba è un parametro importante di scelta. «Ma anche puntare su un mix di formazione e creatività, di competenze e base etica: le doti che servono ai leader — aggiunge Cammelli — per rispondere in tempi rapidi all’aumentata complessità del business».
Antonella De Gregorio


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