Tokyo e il grande tabù: rinunciare o no all’energia nucleare?

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PECHINO — Da diversi anni il mondo globalizzato si è interessato all’Asia solo per leggere i dati dell’economia cinese. A ragione, visto che la crescita del Prodotto interno lordo della Cina ha rappresentato ancora l’anno scorso circa un quarto della crescita mondiale. Ma gli analisti avvertono che nel 2014 il Paese da osservare con maggiore attenzione è il Giappone. Sotto la guida del premier Shinzo Abe, Tokyo sta affrontando un piano di riforme radicali per uscire da decenni di stagnazione. Oltre che su una politica monetaria molto aggressiva, con la Banca centrale che da aprile pompa 70 miliardi di dollari al mese nel sistema, Abe punta su una ripresa del programma nucleare civile per assicurare al Paese energia elettrica a basso costo e risanare una bilancia commerciale che nel 2013 è andata in rosso per 111 miliardi di dollari.
Il tema del nucleare è diventato centrale nelle elezioni per il governatore di Tokyo che si tengono oggi. I giapponesi sono ancora scossi dall’incidente del 2011 alla centrale di Fukushima devastata dal terremoto e dallo tsunami. Per gli 11 milioni di elettori della prefettura di Tokyo la corsa si è trasformata in una sorta di duello atomico tra il candidato pro nucleare Yoichi Masuzoe, appoggiato da Abe, e due ex primi ministri contrari alla riattivazione delle centrali: il candidato di opposizione Morihiro Hosokawa, che guidò una coalizione centrista nel 1993-1994 è sostenuto da un altro pensionato di lusso, Junichiro Koizumi, capo del governo dal 2001 al 2006.
Masuzoe, 65 anni, il nuclearista sostenuto da Abe, è in testa nei sondaggi. Hosokawa, 76 anni, ha chiesto esplicitamente di trasformare la contesa in un referendum contro il nucleare, giocando sulle paure dei giapponesi. Masuzoe (e soprattutto Abe) pensano invece che il Giappone, privo di risorse naturali, non possa permettersi di dire addio all’energia nucleare prodotta dai suoi 48 reattori ora inattivi. La «strana coppia» Hosokawa-Koizumi ha fatto campagna promettendo in caso di vittoria che la capitale del Giappone non userà mai più elettricità generata dal nucleare ma cercherà invece di affidarsi a energia prodotta da fonti rinnovabili, come quella solare.
Abe ha cercato di stare il più lontano possibile dal tema nucleare, spiegando che un’elezione locale (anche se di peso come quella per il governatore di Tokyo) non può essere decisiva per una questione strategica per tutto il Giappone. Nel clima elettorale si è inserito uno studio del ministero delle Finanze, secondo il quale il deficit primario di bilancio del Giappone (differenza tra entrate e spesa corrente, esclusi interessi sul debito ed emissione di obbligazioni) non potrà essere azzerato come promesso nel 2020, l’anno in cui la grande riforma denominata «Abenomics» dovrebbe andare a regime. In Cina, con un certo compiacimento, suggeriscono ad Abe di occuparsi più di economia e meno di politica estera, altrimenti invece che per le «Abenomics» sarà ricordato per l’«Abegeddon».
Guido Santevecchi


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