Una proposta per il 9 marzo

Una proposta per il 9 marzo

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Alla vigi­lia dell’8 marzo le donne della XII com­mis­sione affari sociali della Camera hanno pro­mosso una «riso­lu­zione» circa la rela­zione pre­sen­tata in par­la­mento sullo stato di attua­zione per l’interruzione volon­ta­ria della gra­vi­danza. Tale rela­zione fu pre­sen­tata dalla mini­stra Loren­zin a set­tem­bre dello scorso anno e, nono­stante le sue inter­pre­ta­zioni discu­ti­bili, ci fornì una qua­dro dav­vero allar­mante che pose a tutti noi l’urgenza di un inter­vento poli­tico tem­pe­stivo. Da allora sono pas­sati sette mesi e non è stato fatto pra­ti­ca­mente nulla a parte isti­tuire un tavolo tec­nico per stu­diare i pro­blemi. In que­sta riso­lu­zione, rivolta tanto al governo che alle Regioni e dove si dicono anche cose impor­tanti, il par­la­mento alla fine si dichiara in attesa dei risul­tati del sud­detto tavolo tec­nico. Que­sto è l’omaggio delle donne in par­la­mento alle donne ita­liane per l’8 marzo.
In aperta pole­mica con­tro que­sta for­male riso­lu­zione par­la­men­tare, vor­rei avan­zare una con­tro riso­lu­zione per il 9 marzo, per richia­mare l’attenzione sui pro­blemi del giorno dopo. Si dirà che il par­la­mento non ha poteri, che i poteri veri sono delle Regioni, e a seguire del governo… ed è così, ma se è così e se le donne in par­la­mento vogliono comun­que far sen­tire la loro voce, per­ché non fare della riso­lu­zione un atto vera­mente poli­tico per il 9 marzo? Le Regioni, che sono le prin­ci­pali respon­sa­bili del disa­stro Ivg (ma non solo), come è noto si pos­sono com­mis­sa­riare se sono in disa­vanzo, ma non se distrug­gono dei diritti. Esse si pos­sono obbli­gare ai piani di rien­tro ma non si pos­sono obbli­gare a rior­ga­niz­zare i ser­vizi per rien­trare dalle loro pra­ti­che con­tro i diritti. Ma allora per­ché non pro­porre che da un sim­bo­lico 9 marzo e in modo tas­sa­tivo le Regioni si atten­gano ai loro doveri isti­tu­zio­nali, pena il loro commissariamento?
Per quelle Regioni che hanno più dell’80% di obiet­tori di coscienza per­ché non pro­porre di nomi­nare dei com­mis­sari ad acta che garan­ti­scano i diritti delle donne? Davanti all’annullamento dei diritti delle donne per­ché non espri­mere il nostro dis­senso e la nostra pre­oc­cu­pa­zione con un atto di indi­gna­zione, di rot­tura, di aperta con­fu­ta­zione politica?
La riso­lu­zione della XII com­mis­sione è una fin­zione legata al per­be­ni­smo isti­tu­zio­nale in ragione del quale il mas­simo è sol­le­ci­tare, sen­si­bi­liz­zare, ma nel rispetto più con­for­mi­sta delle pre­ro­ga­tive di tutte le isti­tu­zioni coin­volte anche quando tali isti­tu­zioni si com­por­tano in modo anti­co­sti­tu­zio­nale.
Di fronte a tanta «abie­zione» e a tanta «obie­zione» cosa se ne fanno le donne, a pro­po­sito di Ivg, di una riso­lu­zione di cir­co­stanza? Le donne sono sem­pre più «get­tate fuori» (abji­cere) dai loro diritti, per­ché qual­cuno «getta» loro con­tro (obJi­cere) degli osta­coli e degli impe­di­menti. È in atto da tempo una pesante azione di «annul­la­mento del diritto», dovuto soprat­tutto agli effetti sulle donne della non appli­ca­zione delle leggi che ne dovreb­bero sal­va­guar­dare la salute. Nel nostro paese aumen­tano le pra­ti­che ille­gali di vio­la­zione della legge 194 per scopi spe­cu­la­tivi, quindi il numero degli aborti non sicuri, quelli effet­tuati nel pri­vato.
Cre­sce e si estende l’obiezione di coscienza quale com­por­ta­mento oppor­tu­ni­stico dei gine­co­logi, in maniera cla­mo­rosa al sud, dove le obie­zioni cau­sano la mas­sima abie­zione, ren­dendo indi­spo­ni­bile alle donne l’accesso ai loro diritti. In più le donne come tutti gli altri cit­ta­dini, sono pena­liz­zate dagli effetti regres­sivi dei tagli lineari, del blocco del turn over, della ridu­zione dei ser­vizi, dal defi­nan­zia­mento del sistema sani­ta­rio più in gene­rale. Le donne sono col­pite due volte, dagli effetti deva­stanti dell’uso impro­prio e oppor­tu­ni­stico dell’obiezione di coscienza e dagli effetti non meno deva­stanti dell’impoverimento dei servizi.
Sull’Ivg si allun­gano le liste d’attesa, resta rela­ti­va­mente alto il numero di set­ti­mane di gra­vi­danza in cui è con­sen­tita l’interruzione, si fa sem­pre più ricorso all’aborto tera­peu­tico, cre­scono le com­pli­ca­zioni cli­ni­che impor­tanti, si respin­gono le richie­ste di aiuto delle donne. Alla fine tutto con­corre in modo silen­zioso e ine­so­ra­bile allo spe­gni­mento del diritto alla mater­nità libera e consapevole.
Ormai il sot­to­di­men­sio­na­mento dei con­sul­tori è cla­mo­roso e con l’aria che tira è dif­fi­cile spe­rare in una loro rior­ga­niz­za­zione. L’abiezione sono le donne respinte dal ser­vi­zio pub­blico che non c’è, l’obiezione dice che se il tasso di abor­ti­vità nel pub­blico è for­mal­mente basso è per­ché l’Ivg si fa per la mag­gior parte dei casi nel pri­vato.
Il 9 marzo è con­tro l’abiezione e l’obiezione che annulla i diritti delle donne.


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