Il Jobs Act dei mini jobs «alla tedesca»

Loading

In que­sti giorni, nell’aula del Senato, si discute il Jobs Act e il dibat­tito più acceso è sull’art. 4, in mate­ria di «rior­dino delle forme con­trat­tuali», che pre­vede l’introduzione del con­tratto di lavoro a tempo inde­ter­mi­nato «a tutele cre­scenti». Il con­tratto sarà for­mal­mente a tempo inde­ter­mi­nato ma, di fatto, per i primi tre anni sarà pre­ca­rio: infatti, «a tutele cre­scenti» signi­fica che per i primi tre anni il licen­zia­mento sarà libero, in quanto non si appli­cherà la tutela con­tro il licen­zia­mento ille­git­timo, pre­vi­sta dall’art. 18 dello Sta­tuto dei lavoratori.

Intro­durre que­sta nuova tipo­lo­gia con­trat­tuale può essere sen­sato solo a fronte dell’abrogazione di tutti gli altri con­tratti tem­po­ra­nei (a ter­mine, in som­mi­ni­stra­zione, ecc.), men­tre nella delega è pre­sen­tata come «ulte­riore» tipo­lo­gia con­trat­tuale. Si deve per­ciò pre­clu­dere la pos­si­bi­lità di uti­liz­zarla, tra le stesse parti, dopo aver già sti­pu­lato un con­tratto a ter­mine, altri­menti si legit­ti­merà un periodo di prova di 6 anni, invece che 6 mesi (3 anni a ter­mine, più 3 a tutele crescenti).

Nono­stante la dichia­rata fun­zione di «favo­rire l’inserimento nel mondo del lavoro», nella delega non c’è alcun rife­ri­mento espli­cito ai disoc­cu­pati di lunga durata, quindi tale con­tratto si appli­cherà a tutte le nuove assun­zioni, anche di quei lavo­ra­tori che ver­reb­bero comun­que assunti con il buon vec­chio (e più tute­lato) con­tratto a tempo indeterminato.

Nella delega si pre­vede, inol­tre, l’introduzione di un «com­penso ora­rio minimo», o sala­rio minimo, per tutti i rap­porti «di lavoro subor­di­nato». Il sala­rio minimo dovrebbe avere la fun­zione di fis­sare una retri­bu­zione minima inde­ro­ga­bile che, in attua­zione dell’art. 36 della Costi­tu­zione, assi­curi al lavo­ra­tore e alla sua fami­glia «un’esistenza libera e digni­tosa». Que­sta garan­zia è già pre­vi­sta, per gran parte dei lavo­ra­tori subor­di­nati, dal con­tratto col­let­tivo nazio­nale. Per que­sti ultimi, tut­ta­via, l’introduzione di un sala­rio minimo legale potrebbe deter­mi­nare un abbas­sa­mento della tutela, nel caso in cui fosse (come pro­ba­bile) di importo infe­riore ai minimi fis­sati dai con­tratti col­let­tivi. Men­tre sarebbe auspi­ca­bile esten­dere il sala­rio minimo a quel Quinto Stato, com­po­sto dai lavo­ra­tori auto­nomi eco­no­mi­ca­mente dipen­denti (co?.co?.co., a pro­getto, par­tite iva in mono­com­mit­tenza), che ne ha più bisogno.

Serve che una con­trat­ta­zione col­let­tiva più inclu­siva fissi i minimi sala­riali per tutte le cate­go­rie e per tutti i lavo­ra­tori (anche para­su­bor­di­nati) e che la legge renda quei minimi effi­caci erga omnes e inde­ro­ga­bili. Il timore che, attra­verso l’introduzione del sala­rio minimo, si fini­sca, invece, per legit­ti­mare lavori a basso red­dito si raf­forza leg­gendo la norma suc­ces­siva, che pre­vede di «esten­dere il ricorso a pre­sta­zioni di lavoro acces­so­rio per le atti­vità lavo­ra­tive discon­ti­nue e occa­sio­nali, in tutti i set­tori pro­dut­tivi, attra­verso l’elevazione dei limiti di red­dito attual­mente pre­vi­sti». Il lavoro acces­so­rio (o lavoro con i vou­cher), intro­dotto dalla riforma Biagi, con la fina­lità di far emer­gere atti­vità som­merse, è stato gra­dual­mente libe­ra­liz­zato, ma è sot­to­po­sto a un limite mas­simo di com­penso annuo (5.000 euro), giu­sti­fi­cato dalla mar­gi­na­lità di tali pre­sta­zioni, che non inci­dono sullo stato di disoccupazione.

Se si alzasse troppo la soglia eco­no­mica dei 5.000 euro, que­sta tipo­lo­gia con­trat­tuale, non più occa­sio­nale né acces­so­ria, entre­rebbe in com­pe­ti­zione con le altre, come il con­tratto a ter­mine o la som­mi­ni­stra­zione, che, per quanto pre­ca­rie, sono molto più tute­late, pro­du­cendo un’ulteriore pre­ca­riz­za­zione del lavoro.

Libe­ra­liz­zare il lavoro acces­so­rio signi­fica inse­guire il modello tede­sco dei mini jobs che però hanno deter­mi­nato, in Ger­ma­nia, l’ampliamento senza pre­ce­denti dei wor­king poor. È un altro il modello tede­sco cui biso­gna guar­dare, ovvero quello della par­te­ci­pa­zione dei lavo­ra­tori alla gestione dell’azienda.



Related Articles

CGIL, Camusso lancia Landini come suo successore

Loading

Cgil. Dalle assemblee congressuali arriva una forte indicazione per l’ex leader Fiom. Che in un anno da segretario confederale si è dimostrato più unitario di tutti

Il prezzo della crisi

Loading

Una crisi finanziaria di dimensioni globali è di nuovo alle porte. E non sarà  l’ultima. Il mondo si sta avvitando intorno ai suoi debiti. Con liberismo e globalizzazione («finanzcapitalismo», orribile termine introdotto da Luciano Gallino) gli Stati hanno ceduto il potere di creare il denaro – il diritto di «battere moneta» – al capitale finanziario. Quasi tutti gli Stati dei paesi sviluppati si sono pesantemente indebitati con il sistema finanziario (quelli dell’ex Terzo Mondo lo sono da sempre).

Il prelievo e la lotta a chi evade

Loading

Il sistema fiscale è malato. Gravemente. E da anni. I vari governi hanno fatto poco per curarlo. E sì che la medicina è conosciuta (anche se non semplice da attuare): lotta all’evasione, allargamento della base imponibile, riduzione delle aliquote, diminuzione delle imposte sui redditi, specie di quelle sul lavoro, aumento delle tasse sulle rendite e sui patrimoni. Nemmeno il governo Monti sembra, secondo le anticipazioni, muovere i primi passi nella direzione giusta.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment