Milano, guerriglia urbana per sgomberare due case occupate in zona Corvetto

Milano sta diventando violenta. C’è qualcuno a Palazzo Marino che ha qualcosa da dire? Il rischio è che a prendersela sempre con gli indifesi ci si abitui al peggio. Chi deve fare il lavoro sporco ci dà dentro e chi amministra continua a fare spallucce, come se fosse normale picchiare le persone nelle strade, come se Milano potesse sopportare un tumulto al giorno solo perché qualcuno (la destra, intesa nella sua accezione più ampia) ha dichiarato la guerra contro «l’occupante abusivo» e qualcun altro (la sinistra che governa) non riesce ad elaborare lo straccio di un’idea per evitare che la situazione degeneri.
Almeno il prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca, bontà sua, ieri si è lasciato scappare «dobbiamo alleggerire la tensione». Non male come riflessione dopo che un’altra periferia, il Corvetto, è stata teatro di un’altra scena di guerriglia per sgomberare due occupazioni collettive (impropriamente chiamate centri sociali) che hanno opposto resistenza senza tanti complimenti. Si è trattato di uno sgombero atipico, non di routine, anche se lunedì sassi e manganelli si sono incrociati mentre veniva sgomberata una donna con due bambini.
Stessa scena, manganelli per tutti, perché trasformare il disagio abitativo in un problema di legalità significa non distinguere l’occupante che paga un affitto dal delinquente, la famiglia povera dagli approfittatori, il «racket» dai movimenti per la casa. Eppure questa è la linea ribadita ancora ieri dal Corriere della Sera: «Nessuna illegalità e nessuna violenza si possono giustificare: l’operazione avviata da Comune, Regione e prefettura non deve fermarsi davanti alle intimidazioni. La categoria della delinquenza deve uscire dalle porte degli alloggi popolari…».
L’ analisi era ospitata sulle pagine nazionali, perché ciò che vale per Milano varrà anche per Napoli, Roma, Torino e Palermo.
Le due case occupate a scopo abitativo «liberate» ieri erano gestite da due realtà catalogate come «area anarchica»: Corvaccio Squat e Rosa Nera. Ci sono state cariche, barricate, lancio di oggetti, lacrimogeni, tre militanti in bilico sul tetto e un corteo. Nelle stesse ore, in prefettura, è stato siglato un patto tra Comune e Regione. Per il sindaco Pisapia, l’obiettivo sarebbe «coniugare prevenzione, assistenza e repressione del racket e di chi pensa che occupare non sia reato». Più tranquillizzante l’opinione del prefetto secondo cui «il fenomeno è per noi un problema di disagio e fragilità sociale». Tronca ha precisato che «non parte nessuna task force». Il piano si risolverebbe in un potenziamento dei controlli per impedire flagranze di reato e nel coinvolgimento di assistenti sociali. Forse la polizia per prima ha capito che il disagio abitativo non è un problema di polizia.
Ma chi ci sta marciando? A parte il vecchio De Corato («sgomberiamo tutti i centri sociali»), ci sono esponenti di primo piano del governo Renzi che fingono di non aver capito. Come il ministro Maurizio Lupi, «finalmente in tema di case e occupazioni abusive a Milano si sta iniziando a ripristinare la legalità». E il ministro Angelino Alfano, un genio dell’ordine pubblico: «E’ chiaro che la crisi economica incide. Noi su alcuni temi saremo inflessibili, per esempio sugli sgomberi continueremo ad andare avanti e fino in fondo saremo duri per fare rispettare la legge».
E se questo è il pugno di ferro di mister 2% stiracchiato, figuriamoci quando toccherà all’altro Matteo nazionale suggerire soluzioni per ripristinare la legalità nelle periferie.
Related Articles
Giustizia: un po’ di buon senso in un fiume di parole vane
A pensare di disboscare così l’arretrato della giustizia civile son buoni tutti, verrebbe da dire se si cedesse alla tentazione
Elie Wiesel: «Testimoniare è un dovere dal dramma dell’Olocausto all’amore per moglie e figlio»
NEW YORK — È il più intimo dei quasi 60 libri dell’84enne Elie Wiesel. Dedicato alla moglie Marion e al suo unico figlio Elisha, In A cuore aperto (che Bompiani porta in libreria dal prossimo 23 gennaio nella traduzione dal francese di Fabrizio Ascari), lo scrittore di origine ungherese racconta l’operazione che nel 2011 minacciò di ucciderlo.
Imprigionato nel proprio corpo in una sala operatoria d’ospedale, di fronte alla prospettiva di non risvegliarsi più dopo l’anestesia, il prolifico scrittore, docente universitario e attivista passa in rassegna tutta la sua vita.
Guantanamo, Obama trasferisce quindici detenuti negli Emirati
Il più consistente trasferimento di prigionieri avvenuto durante l’amministrazione Obama: quindici detenuti nella base americana di Guantanamo, a Cuba, sono