Guan­ta­namo, per chiuderlo Obama chiede aiuto al Vaticano

Guan­ta­namo, per chiuderlo Obama chiede aiuto al Vaticano

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Sulla chiu­sura del car­cere di Guan­ta­namo, annun­ciata ma mai attuata, il pre­si­dente ame­ri­cano Barack Obama chiede aiuto al papa, e la Santa sede risponde, assi­cu­rando il pro­prio sostegno.

Ne hanno par­lato ieri mat­tina in Vati­cano i due segre­tari di Stato, John Kerry e il car­di­nale Pie­tro Paro­lin. Durante l’incontro, rife­ri­sce il diret­tore della sala stampa della Santa sede, padre Lom­bardi, Kerry ha illu­strato «l’impegno degli Stati uniti per la chiu­sura del car­cere di Guan­ta­namo» — dove attual­mente sono reclusi 136 pre­sunti ter­ro­ri­sti — e ha espresso «il desi­de­rio dell’amministrazione Usa di una favo­re­vole atten­zione della Santa sede alla ricerca delle solu­zioni uma­ni­ta­rie ade­guate per gli attuali dete­nuti». Da una parte la richie­sta, fra le righe, è che il Vati­cano prenda posi­zione per aiu­tare Obama a vin­cere le resi­stenze del Con­gresso — dei Repub­bli­cani ma anche di set­tori con­si­stenti dei Demo­cra­tici — dall’altra, que­sta invece è una richie­sta palese, si domanda un inter­vento diplo­ma­tico della Santa sede per ten­tare di risol­vere il pro­blema della ricol­lo­ca­zione dei pri­gio­nieri liberati.

Su que­sto secondo punto, Lom­bardi ha fatto sapere che da parte vati­cana «l’attenzione c’è». «La Santa sede — ha pre­ci­sato il por­ta­voce di Oltre­te­vere — guarda favo­re­vol­mente all’impegno degli Stati uniti per chiu­dere il car­cere, ma il pro­blema è dove vanno i dete­nuti. La Santa sede può favo­rire solu­zioni uma­ni­ta­rie». Quali siano que­ste solu­zioni non viene detto, anche per­ché pro­ba­bil­mente, data la bre­vità del col­lo­quio (un’ora), non se ne è par­lato in maniera det­ta­gliata. Il Vati­cano, attra­verso la pro­pria rete diplo­ma­tica, potrebbe ten­tare di con­vin­cere altri Paesi a farsi carico di acco­gliere alcuni pri­gio­nieri nelle pro­prie car­ceri. Ma non è affatto detto che l’operazione, ammesso che parta, abbia successo.

Oltre il col­lo­quio fra i due segre­tari di Stato, altro non vi è stato. Ma va ricor­dato che un mese e mezzo fa, durante un’udienza in Vati­cano a una dele­ga­zione dell’Associazione inter­na­zio­nale di diritto penale, Ber­go­glio era inter­ve­nuto dura­mente con­tro le tor­ture — que­stione rilan­ciata pro­prio in que­sti giorni dopo la pub­bli­ca­zione del rap­porto del Senato Usa sui metodi bru­tali della Cia con­tro i pre­sunti ter­ro­ri­sti — e le deten­zioni ille­gali. Molti Stati, aveva detto il papa, sono respon­sa­bili di aver pra­ti­cato «il seque­stro di per­sona» e il «tra­sporto ille­gale verso cen­tri di deten­zione in cui si pra­tica la tor­tura». Guan­ta­namo non era stato nomi­nato espli­ci­ta­mente, ma pare dif­fi­cile non pensarci.



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