Terni, la lotta dei ragazzi d’acciaio che non si vogliono arrendere

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Fieri, con­sa­pe­voli, guar­din­ghi. Due mesi dopo l’accordo che ha sal­vato la loro accia­ie­ria, i 2350 ope­rai dell’Ast di Terni stanno ancora com­bat­tendo. Inten­dia­moci, niente a che vedere con le man­ga­nel­late prese a Roma dalla poli­zia, i 34 giorni di scio­pero a oltranza (44 in tutto), il blocco dell’Autostrada del Sole, l’occupazione delle por­ti­ne­rie. È una bat­ta­glia più sot­tile ma altret­tanto impor­tante: quella per l’applicazione pre­cisa del testo dell’accordo. Per­ché tutti sono con­sci che la vit­to­ria sta nell’aver «dato un futuro all’acciaieria e per farlo serve che si torni al regime di pro­du­zione al più pre­sto, che gli inve­sti­menti pro­messi siano imple­men­tati in fretta e che, non potendo sosti­tuire i 300 che hanno accet­tato la mobi­lità volon­ta­ria, i cari­chi di lavoro siano distri­buiti in modo equo» spiega Ste­fano Gar­zu­glia, sem­pre in prima fila con il suo metro e novanta e la sua barba lunga in que­sti lun­ghi mesi di ver­tenza come dele­gato Rsu.

L’avversario in que­sto caso non è più il governo, la pro­prietà tede­sca o la “taglia­trice di teste” Lucia Mor­selli. Si tratta invece del diret­tore del per­so­nale Arturo Fer­rucci, l’uomo a cui è deman­dato il com­pito di defi­nire i famosi «orga­nici di inno­va­zione» per rilan­ciare la produzione.

La dimo­stra­zione pla­stica del cam­bio di ruolo si è avuta gio­vedì. L’ad Lucia Mor­selli ha incon­trato i sin­da­cati pro­vin­ciali riba­dendo l’impegno a tor­nare a pieno regime ad aprile, la con­ferma di un uffi­cio com­mer­ciale che gesti­sce gli acqui­sti e le ven­dite in auto­no­mia dalla pro­prietà tede­sca — con­di­zione per avere il con­trollo sui pro­dotti e garan­tire la pro­du­zione — in un incon­tro quasi gio­viale, lon­ta­nis­simo dalle ten­sioni della ver­tenza : «Ci dava ragione su tutto, tanto che alla fine mi sono chie­sto: ma dov’è la fre­ga­tura?», scherza il segre­ta­rio Fiom di Terni Clau­dio Cipolla. Nel frat­tempo però le Rsu con­trat­ta­vano con Fer­rucci la nuova orga­niz­za­zione del lavoro. «Siamo par­titi subito con un pro­blema sui numeri: per l’azienda quelli che hanno accet­tato la buo­nu­scita per mobi­lità volon­ta­ria sono 326 e non 300 – rac­conta Danilo Tonelli, altro Rsu Fiom — Que­sto signi­fica che per loro ci sono 26 ope­rai in meno e così i cari­chi di lavoro aumen­tano. Reparto per reparto vanno ridi­scussi i ruoli, le fun­zioni e que­sto ci pre­oc­cupa molto — con­ti­nua –Per esem­pio da me all’area a freddo alla linea 6 saremo sem­pre meno a gestire il carro, con la cer­tezza di non poter con­trol­lare tutto e met­tere a rischio le ope­ra­zioni e noi stessi. Ser­vi­reb­bero altre assun­zioni, ma figu­rati se Mor­selli le farà», osserva sar­ca­stico. Anche sulla pro­messa di tor­nare a pieno regime ad aprile, Danilo è poco con­vinto: «Ce lo augu­riamo tutti. Però ho molti dubbi che riu­sci­remo a tor­nare ai livelli di pro­du­zione di prima in così poco tempo».

L’altra bat­ta­glia è por­tata avanti degli ope­rai dell’indotto, quelli che hanno perso di più. Per la mag­gior parte delle loro ditte – a par­tire dall’Ilserv, la più grande che for­ni­sce dispa­rati ser­vizi all’interno delle accia­ie­rie con i suoi 300 dipen­denti — il mese di set­tem­bre sarà quello deci­sivo. I con­tratti di appalto che Mor­selli ha impo­sto di ridurre di almeno il 20% sono stati sem­pli­ce­mente pro­ro­gati di un anno. A set­tem­bre dovranno essere ridi­scussi e già «ci si pre­para a dover scen­dere in piazza per rispon­dere a nuovi ricatti», rac­conta Gian­franco. Nel frat­tempo la ristrut­tu­ra­zione pro­cede a cascata e da ini­zio feb­braio la Ilserv ha tolto il sub-appalto alla pic­cola Ise (9 dipen­denti, tra­sporto sco­rie fer­rose). Met­tendo a rischio i posti.

E così gli ope­rai — o almeno gli iscritti e i sim­pa­tiz­zanti della Fiom — si ritro­vano per la Festa del tes­se­ra­mento in una sera di inverno in un Pala­Tenda pieno, attento e coin­volto nell’ascoltare Mau­ri­zio Lan­dini e applau­dire il con­certo di Luca Bar­ba­rossa («Vec­chio amico della Fiom e di Mau­ri­zio») con la sua Social Band e le imi­ta­zioni di Andrea Per­roni. Sotto palco bal­lano i figli, i nipoti degli ope­rai e tutti si chie­dono: «Ma loro lavo­re­ranno all’acciaieria come noi, i nostri nonni e trisnonni?».

Nella pla­tea che man­gia le due por­chette cotte da un gruppo di dele­gati, con i ragazzi della scuola alber­ghiera a ser­vire ai tavoli come volon­tari, non ci sono però solo ope­rai. La città è ancora stretta alla sua accia­ie­ria, così i geni­tori, gli atti­vi­sti delle altre cate­go­rie Cgil, ma anche i com­mer­cianti e i pen­sio­nati festeg­giano «i nostri ope­rai d’acciaio che hanno pie­gato Mor­selli e i tedeschi».

C’è anche chi ha scelto di «pren­dere i soldi». Come Leo­nardo, 40enne senza dimo­strarlo che ha comun­que deciso di rima­nere in Fiom e ha già rin­no­vato la tes­sera — «7 euro al mese» – nono­stante tec­ni­ca­mente sia «un eso­dato». «Sono stato uno degli ultimi, di sicuro l’ultimo ope­raio». Gli 80 mila euro di incen­tivo all’esodo sban­die­rati da Mor­selli per ridurre il numero di esu­beri, ini­zial­mente fis­sati a quota 560, sono in realtà molto meno, al netto delle tasse.

«Il boni­fico è arri­vato il 29 gen­naio: 61mila 600 euro», riprende. Scelta «sof­ferta, molto sof­ferta». «Mi sono letto con atten­zione il testo dell’accordo e devo dire la verità: non ho tro­vato la cer­tezza del futuro. Mi auguro con tutto il cuore che tra dieci, vent’anni all’acciaieria lavo­rino tutti quelli che ci sono ora e anche molti di più. Ma lì non c’è scritto. Secondo me c’è il 50% di pos­si­bi­lità che accada. E allora ho deciso di pren­dere i soldi», rac­conta con la fac­cia tirata. «Ho scelto di rifarmi una vita. Mi sono dato 10 mesi per tro­vare qualcos’altro, qual­che idea ce l’ho. Ma una cosa la so: se i com­pa­gni dovranno tor­nare in piazza per difen­dere l’acciaieria, io sarò con loro. Come sem­pre con tutta la città».

Il senso di appar­te­nenza è rima­sto intatto. E non a caso la Fiom di Terni ha deciso di inti­to­lare il bel dvd cele­bra­tivo della lotta «La bat­ta­glia di una città» – rea­liz­zato con la coo­pe­ra­tiva Gali­leo e in ven­dita a Terni. Tren­ta­cin­que minuti che con­den­sano in imma­gini 4 anni, dal primo annun­cio del 6 mag­gio 2011 quando la Thys­sen comu­nicò «l’addio agli acciai spe­ciali» alla firma dell’accordo al mini­stero del 3 dicem­bre scorso con Mau­ri­zio Lan­dini e Rosa­rio Rappa sor­ri­denti, per chiu­dere con l’esito del refe­ren­dum del 16–18 dicem­bre, che con il 90% di par­te­ci­pa­zione e l’80% di «Sì» validò l’accordo, sulle note de La sto­ria siamo noi di De Gre­gori e la scritta «Non pie­ghe­rete i ragazzi d’acciaio».

Sul palco prima della cena, dopo l’introduzione di Clau­dio Cipolla e il rin­gra­zia­mento a Zoro (Diego Bian­chi) per le imma­gini che hanno «ripri­sti­nato la verità sui man­ga­nelli e le colpe della poli­zia», Lan­dini è voluto par­tire dalla parola «dignità» per spie­gare che cosa ha signi­fi­cato «la lotta e la vit­to­ria degli ope­rai di Terni». «Siamo qui sta­sera per sot­to­li­neare ancora una volta l’importanza della bat­ta­glia che è stata com­bat­tuta qui, una bat­ta­glia di carat­tere nazio­nale, che dimo­stra come la lotta dei lavo­ra­tori, quando que­sti sono uniti, paghi anche in tempi di crisi». «Aver fatto cam­biare idea alla Thys­sen­Krupp aver man­te­nuto i due forni, aver otte­nuto gli inve­sti­menti, sui quali oggi va tenuta alta l’attenzione – ha con­ti­nuato – è tutto frutto di quella lotta e nes­sun altro può appun­tarsi meda­glie al petto”, con espli­cito rife­ri­mento a Mat­teo Renzi, che ha citato Terni come crisi risolta dal governo, dimen­ti­can­dosi che “lo scio­pero ad oltranza è par­tito pro­prio dopo una pro­po­sta di com­pro­messo del governo che dava ragione all’azienda e che i lavo­ra­tori hanno subito contestato”.

La chiu­sura di Lan­dini, anche lui man­ga­nel­lato con gli ope­rai, ha voluto met­tere assieme “l’importanza di iscri­versi alla Fiom” e “il futuro della sini­stra”. «Oggi in Ita­lia arri­viamo al punto che qual­cuno pensa che dovremmo rin­gra­ziarlo se ci dà da lavo­rare, a qual­siasi con­di­zione – ha detto – Invece a Terni siete riu­sciti a difen­dere la dignità. Iscri­versi alla Fiom signi­fica pro­se­guire que­sta bat­ta­glia e por­tare avanti una lotta sociale in cui abbiamo biso­gno di allearci con tante altre espres­sioni sociali per ricon­qui­stare quello che la poli­tica ci ha tolto: i diritti del lavoro e una spe­ranza per una sini­stra che riporti le per­sone a votare».



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