Elezioni europee. L’Europarlamento boccia le liste transnazionali
Enrico Letta (Istituto Jacques Delors): “un riflesso di paura”. Avrebbe permesso una doppia scheda, per scegliere anche una lista solo europea. L’opportunità era la Brexit e i 73 seggi britannici (46 resteranno vuoti in attesa dei paesi dei Balcani, 27 redistribuiti tra i paesi membri)
Non ci saranno liste “transnazionali” alle prossime elezioni europee. Il Parlamento europeo ha respinto ieri questo progetto, con 368 voti contro e 274 a favore, dandosi cosi’ la zappa sui piedi, perché la possibilità di presentare delle liste transnazionali avrebbe portato nella campagna elettorale dei temi specificamente europei, per contrastare la riduzione delle elezioni europee a problemi di politica interna di ogni paese membro. Un “riflesso di paura”, ha commentato Enrico Letta, presidente dell’Istituto Jacques Delors, che deplora una scelta di “democrazia dimezzata”, invece di avere un’arma nuova per combattere i populismi. L’idea delle “liste transnazionali” è italiana ed è stata fortemente sostenuta da Emmanuel Macron nel discorso della Sorbona. I paesi del sud l’appoggiano (Francia, Italia, Spagna, Grecia, Cipro, Malta, Portogallo), assieme all’Irlanda. L’opportunità di trovare uno spazio per dei candidati transnazionali è data dalla Brexit: nel 2019, saranno liberi i 73 seggi britannici (a marzo di quell’anno la Gran Bretagna dovrebbe uscire dalla Ue). La commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo aveva proposto un compromesso sul futuro di questi 73 seggi, una parte da lasciare vacanti per poterli destinare ai futuri paesi membri (i paesi dell’area dei Balcani), una parte redistribuiti tra i paesi membri per riequilibrare il numero dei deputati e la popolazione e 27 per le liste transnazionali. I paesi del nord hanno frenato con l’obiettivo di ridurre il numero dei parlamentari e risparmiare. E’ quello che è stato votato ieri: il numero degli eurodeputati nel 2019 diminuirà dagli attuali 751 a 705, 46 saranno destinati ai futuri stati membri e 27 redistribuiti tra 14 paesi sottorappresentati (+ 3 per l’Italia, + 5 per la Francia e la Spagna ecc.).
Nel 2015, c’era già stato un voto sulle liste transnazionali al Parlamento europeo. Allora era stato favorevole. Ieri, c’è stato soprattutto il voltafaccia dei deputati del Ppe (democristiani), che si sono schierati contro: i francesi per contrariare Macron, i tedeschi per un riflesso di paura di fronte all’avanzata dell’euroscetticismo. Il gruppo S&D ha deplorato che il Ppe abbia votato “con le forze di estrema destra per bloccare la creazione di liste transnazionali”. Oltre ai social-democratici, la grande maggioranza dei liberali e dei verdi ha votato a favore. Contro tutti gli euroscettici di estrema destra, i 5 Stelle italiani e il gruppo Gue (sinistra radicale). Le liste transnazionali, anche se limitate a 27 seggi (Macron ha proposto di eleggere il 50% dell’europarlamento dal 2024 con queste liste), avrebbero rappresentato un simbolo importante: ogni cittadino avrebbe avuto due schede alle europee, una per le liste “nazionali” e un’altra per quelle “transnazionali”. Ci sarebbe stata chiarezza su quale Europa i cittadini vogliono, avrebbe “creato nuove aggregazioni legate all’idea di Europa”, ha spiegato Letta, mentre oggi la leadership europea manca di “un popolo di riferimento”.
FONTE: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO
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