Mediterraneo, ennesima strage di migranti: «L’Ue non li ha salvati» accusano le Nazioni Unite

Mediterraneo, ennesima strage di migranti: «L’Ue non li ha salvati» accusano le Nazioni Unite

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È l’immagine di una strage. Il corpo senza vita di un uomo che galleggia nell’acqua del mare, leggermente piegato sul lato sinistro, il volto rivolto verso il fondale, le gambe unite e le braccia che sembrano conserte. Una immagine che ricorda altre stragi del passato. Se non fosse per il giubbotto che gli cinge il torace in un vano tentativo di salvezza, potrebbe essere la vittima di un disastro aereo, cosa che sicuramente avrebbe impegnato navi e aerei di molti Stati nelle operazioni di soccorso. Invece è il corpo di un migrante, uno dei 130 dispersi in un naufragio avvenuto giovedì a nord est di Tripoli, in Libia, e del quale fino a ieri sera erano stati ritrovati solo tredici corpi. «Abbiamo navigato in un mare di cadaveri» ha raccontato Alessandro Porro, il presidente di Sos Mediterranée che si trova a bordo della Ocean Viking, la nave che insieme a tre mercantili ha disperatamente provato a soccorrere i migranti. Cosa che non ha fatto la cosiddetta Guardia costiera libica, sebbene allertata in tempo da Alarm Phone. Ma neanche le autorità europee, italiane comprese, rimandando a Tripoli il compito di intervenire.

L’accusa arriva dalle ong, ma non solo. A puntare il dito contro l’Europa che ancora una volta ha fatto finta di non vedere è direttamente l’Onu: «Gli Stati sono rimasti inerti e si sono rifiutati di agire per salvare le vite di oltre cento persone» ha denunciato su Twitter la portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), Safa Msehli. «Loro hanno implorato e lanciato chiamate di emergenza per due giorni, prima di affondare nel cimitero blu del Mediterraneo. È questa l’eredità dell’Europa?», ha chiesto la portavoce. Accuse che arrivano nello stesso giorno in cui al Viminale la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese riceve la ministra degli Esteri di Tripoli Najitla el Mangoush alla quale ha assicurato il sostegno italiano al nuovo corso libico.

Ripercorse oggi, le ore che hanno preceduto l’ultima strage del Mediterraneo sono la cronaca di un’omissione di soccorso. La prima segnalazione sul barcone affondato e su altre due imbarcazioni in difficoltà è di mercoledì 21 aprile. A lanciarlo è Alarm Phone che da qual momento rimane per dieci ore in contatto con i migranti che chiedono aiuto. Alle 11.51 invia via email la richiesta di intervento alle autorità competenti: «Ciò significa – spiega Alarm Phone – che da quel momento in poi, i seguenti attori erano a conoscenza di questa imbarcazione in difficoltà: Mrcc Italia, Rcc Malta, la cosiddetta Guardia costiera libica, Unhcr, e i soccorritori delle ong».

Alle 13 – dopo vari tentativi, Ap riesce a contattare il barcone: «Ci hanno trasmesso la loro posizione Gps e hanno dichiarato che c’erano circa 130 persone a bordo, tra cui 7 donne, una delle quali era incinta. Erano su un gommone e hanno detto che il mare era agitato. Abbiamo immediatamente informato le autorità competenti e reso pubblico il caso».

Verso mezzogiorno, prosegue Alarm Phone, «abbiamo informato Mrcc Italia, il centro di coordinamento dei soccorsi marittimi di Roma, che la nave mercantile Bruna era vicina al caso di emergenza e sarebbe potuta intervenire. Tuttavia, Bruna ha proseguito la sua rotta». Alle 16:11 «Mrcc Italia ci comunicava, in una conversazione telefonica, che avremmo dovuto informare le autorità competenti sul caso di emergenza». Il riferimento è a Tripoli, che però AP riesce a contattare solo alle 16:44 quando a rispondere è «un ufficiale libico che ha dichiarato che erano a conoscenza di tre barche e che le stavano cercando con la loro motovedetta Ubari».

Non succede nulla però fino alle 19,53, quando la Ocean Viking annuncia di aver cambiato la sua rotta per soccorrere i naufraghi. «Alle 22.52 – prosegue AP – abbiamo parlato di nuovo con Mrcc Italia e spiegato che non eravamo mai stati in grado di contattare le autorità libiche. L’ufficiale italiano ci ha detto: “Stiamo facendo il nostro lavoro, chiamate se avete nuove informazioni”. Alle 00:22 ci siamo finalmente messi di nuovo in contatto con le autorità libiche. L’ufficiale libico ci ha detto che non avrebbero cercato la barca in difficoltà perché le condizioni meteorologiche erano troppo brutte. Abbiamo scoperto che la cosiddetta Guardia costiera libica aveva nel frattempo intercettato un’altra imbarcazione, che aveva a sua volta allertato Alarm Phone, con a bordo circa 100 persone – in questo caso, una donna e il suo bambino sono morti. Alle 00:55 viene informata Mrcc Italia che la Guardia costiera libica non avrebbe condotto un’operazione di ricerca. Il giorno dopo, il 22, alle 9:30, abbiamo parlato di nuovo con Mrcc Roma, chiedendo un’azione immediata. L’ufficiale italiano ha detto: “Chiamateci se avete nuove informazioni, sappiamo della barca”». Il risultato è che nessuno tra quanti vengono contattati interviene e quando la Ocean Viking arriva nel punto indicato è ormai tropo tardi. «130 persone annegate. Le autorità dell’Ue e Frontex sapevano del caso di emergenza, ma hanno negato il salvataggio», accusa la ong tedesca Sea Watch. In serata fonti della Guardia costiera italiana rispondono alla ricostruzione fatta da Alarm Phone spiegando di aver individuato i mercantili che erano più vicini all’area nella quale era stata segnalata la presenza di imbarcazioni con a bordo migranti e di averli comunicati alle autorità libiche.

Sempre in serata si fa sentire il presidente del parlamento europeo, David Sassoli: «È oramai chiaro – afferma – che le politiche nazionali non sono in grado di gestire con umanità ed efficacia i movimenti di migranti e richiedenti asilo. È su queste omissioni che si misurano le responsabilità delle morti in mare». Da parte sua, invece, Matteo Salvini non perde l’occasione per attaccare chi difende le ong: «Altri morti, altro sangue sulla coscienza dei buonisti che, di fatto, invitano e agevolano scafisti e trafficanti», dice il leader della Lega.

* Fonte: Leo Lancari, il manifesto



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