Guardiacoste libici con navi donate dall’Italia speronano e sparano a migranti
«Stanno sparando». «Sì, stanno sparando». Inizia così il video diffuso ieri dalla Ong Sea-Watch. È stato girato mercoledì pomeriggio dall’aereo Sea Bird durante una missione di monitoraggio sul Mediterraneo centrale. Le voci dell’equipaggio trasmettono prima stupore e poi paura. L’audio è nulla in confronto a ciò che mostrano le immagini. Una motovedetta libica, la Bigliani 648 Ras Al Jadar (il doppio nome, italiano e arabo, è traccia del passaggio di consegne), sta dando la caccia a un barchino carico di migranti.
PER UN MINUTO si susseguono manovre pericolosissime, tentativi di speronamento, colpi di mitra esplosi in acqua. A un certo punto sembra che i libici tentino di agganciare la barca con dei bastoni o delle corde, come nel Far West. Le 63 persone a bordo rifiutano di fermarsi. Si giocano il tutto per tutto. Incredibilmente, nonostante la sproporzione dei mezzi, riescono a fuggire. Arriveranno a Lampedusa.
IL LIETO FINE NON CANCELLA le prove di un’azione criminale. Ci sarebbe potuta essere una nuova strage l’altro ieri nel Mediterraneo, solo poche ore dopo quella avvenuta mercoledì mattina davanti Lampedusa (7 morti, 10 dispersi, 46 salvati) e a tre giorni da quella di lunedì scorso a largo della città tunisina di Sfax (4 morti, 19 dispersi, 12 salvati).
IL VIDEO SQUARCIA qualsiasi possibile velo di ipocrisia sul modus operandi di una sedicente «guardia costiera» finanziata, formata e armata dalle autorità italiane. Nei mesi scorsi personalità autorevoli avevano sostenuto che i «guardiacoste» di Tripoli non abbiano armi o che, quelli educati dagli italiani, rispettino i diritti umani. Il 6 maggio hanno aperto il fuoco sui pescatori di Mazara del Vallo, che hanno sporto denuncia per tentato omicidio. L’altro ieri hanno quasi fatto ribaltare un barchino di migranti.
ESTREMAMENTE INQUIETANTE, poi, è che la caccia all’uomo sia arrivata fino a 45 miglia nautiche a sud di Lampedusa: cioè a circa 60 chilometri dalle acque territoriali italiane. Inutile dire che senza il video dell’aereo di ricognizione civile Sea Bird, uno dei tre che monitorano dall’alto ciò che accade nel Mediterraneo centrale, di quanto accaduto non avremmo avuto traccia, né notizia.
Tweet del giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura che ha tracciato Sea Bird per ricostruire la posizione dell’episodio
«MI AUGURO che dopo queste immagini i colleghi di Pd e M5S annunceranno il voto contrario al rifinanziamento di questa missione quando arriverà in parlamento», ha affermato dall’opposizione Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). Dure critiche anche da dentro la maggioranza. «È questa vergogna che l’Europa finanzia, una vergogna che va fermata ora», ha dichiarato Erasmo Palazzotto (LeU). Per Matteo Orfini (Pd): «Questo fa la cosiddetta guardia costiera libica con le motovedette date dall’Italia: spara, sperona, deporta, tortura». Oltre queste voci notoriamente contrarie al sostegno ai libici, però, non si è mosso nulla.
GLI ALTRI esponenti politici sono rimasti in silenzio. Come Enrico Letta, segretario di un partito, il Pd, che a febbraio 2020 votò all’unanimità una mozione per bloccare il rifinanziamento. D’altro canto Mario Draghi il 6 aprile scorso, in visita a Tripoli, ha espresso «soddisfazione» per quello che fa la Libia e per i «salvataggi». Appena due giorni dopo ha parlato di Erdogan, che tiene in mano i rubinetti dei flussi migratori della rotta balcanica e sta rafforzando la sua presenza in Libia, come di un «dittatore di cui si ha bisogno». Non è difficile immaginare quale sarà il tono del dibattito politico quando in aula arriverà il provvedimento per continuare a dare soldi alle milizie libiche in cambio di cacce ai migranti come quella mostrata da Sea-Watch.
* Fonte: Giansandro Merli, il manifesto
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