«I dababat (mezzi corazzati) e i soldati sono entrati per più di due chilometri a Qarara» raccontava ieri Amin Abu Holi, 59 anni, uno dei primi a scorgere i carri armati che avanzavano «ora sono ammassati a ovest della (superstrada) Salah Eddin e sparano contro auto e persone che si avvicinano». Costretti a fuggire dal nord di Gaza, gli sfollati a Khan Yunis ora scappano di nuovo, assieme agli abitanti della città, la seconda per grandezza della Striscia. Tanti hanno fatto le valigie e, a piedi, si sono avviati passando davanti agli edifici crollati in una processione silenziosa. L’esercito israeliano da giorni intima di lasciare la città e ha pubblicato una mappa con circa un quarto di Khan Younis contrassegnato in giallo, che vuol dire zona di guerra. Tre frecce puntano a sud e a ovest, a voler indicare alle persone di dirigersi verso la costa mediterranea e Rafah sul confine egiziano. «La gente chiede consigli su dove trovare sicurezza. Non abbiamo niente da dire loro», scriveva ieri con sconforto Thomas White, il capo a Gaza dell’Unrwa, l’agenzia dei profughi palestinesi.

Una lunga marcia mentre dal cielo piovono bombe e missili. «Perché ci hanno espulso dalle nostre case a Gaza city se avevano pianificato di ucciderci qui?», ripete un anziano in un video. In un altro filmato si vede un cratere delle dimensioni di un campo da basket. Da sotto un mucchio di macerie spuntano i piedi di un bambino. I soccorritori hanno lottato a mani nude per spostare un pezzo di cemento e tentare di salvarlo ma era già morto. Altre immagini mostrano un altro bimbo morto per i bombardamenti avvolto in una coperta. «Dormivamo», ha raccontato alla Reuters Salah al Arja, proprietario di una casa di Rafah distrutta, «c’erano bambini e donne. Ti dicono che è una zona sicura, ma non esiste una zona sicura in tutta la Striscia di Gaza». Sempre a Rafah sono rimasti uccisi la giornalista Shaimaa Al-Jazar e la sua famiglia.

Sotto la pressione dell’offensiva, sfollati e residenti al sud temono di essere spinti verso la frontiera e ad entrare nel Sinai. «Non stiamo cercando di evacuare le persone lì», sosteneva ieri un portavoce militare israeliano, Jonathan Conricus. Nero su bianco però ci sono i piani e gli articoli scritti dalla ministra dell’Intelligence Gila Gamliel che invita i donatori internazionali a non investire soldi nella ricostruzione di Gaza bensì ad usarli per spingere i palestinesi a trasferirsi in altri paesi.

Al nord di Gaza le operazioni militari restano intense e Hamas, stando ai suoi comunicati, sta resistendo, colpendo soldati e mezzi corazzati, oltre a sparare ancora, ogni giorno, razzi verso Israele. Sono morti in combattimento altri tre soldati. Gli scontri a fuoco potrebbero andare avanti per giorni malgrado le dichiarazioni dei comandanti militari israeliani che parlano di «obiettivi quasi raggiunti». L’esercito ha diffuso filmati di soldati che pattugliavano con i carri armati e a piedi, nei campi e in aree urbane gravemente danneggiate dove restano decine di migliaia di civili che non vogliono lasciare le loro case. L’agenzia di stampa Wafa ha riferito che almeno 50 persone sono state uccise in un attacco aereo che ha colpito due scuole che ospitavano sfollati nel quartiere Daraj di Gaza City. Il ministero della sanità riferisce che15.899 palestinesi, il 70% dei quali donne o minori di 18 anni, sono stati uccisi nei bombardamenti in otto settimane di guerra. Circa 900 da venerdì scorso quando è saltata la tregua andata avanti per sette giorni che ha visto lo scambio tra ostaggi israeliani a Gaza e prigionieri politici palestinesi in carcere in Israele. Altre migliaia di palestinesi risultano dispersi e si teme siano rimasti sepolti sotto le macerie. Circa l’80% dei 2,3 milioni di abitanti hanno dovuto abbandonare le proprie case mentre Gaza viene trasformata dalle bombe in una landa desolata. L’esercito israeliano ieri ha distrutto anche il tribunale centrale, un edificio di cinque piani inaugurato nel 2018 e costruito con finanziamenti del Qatar per 11 milioni di dollari. Israele, riferisce il ministero dell’informazione a Gaza, ha distrutto 103 edifici governativi e danneggiato 270 scuole, 183 moschee e tre chiese, oltre a 56 cliniche e 20 ospedali. Da ieri tutti i servizi di telecomunicazione a Gaza City e nelle aree settentrionali sono interrotti a causa dei bombardamenti. Secondo il sito d’informazione Axios il gabinetto di guerra israeliano approverà su richiesta dell’Amministrazione Biden, l’ingresso ogni giorno a Gaza di 180.000 litri di carburante e di più di 200 camion di aiuti, come contropartita per il via libera che gli Usa hanno dato all’espansione dell’offensiva di terra nel sud di Gaza.

In Cisgiordania ieri sono stati uccisi cinque palestinesi, durante incursioni dell’esercito a Qalqiliya, Sair (Hebron) e nell’area tra Qalandiya e Kufr Aqab, a nord di Gerusalemme. Sale a 467, di cui 258 dal 7 ottobre, il numero degli uccisi dall’inizio dell’anno.

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto