Gaza. ONU, l’allarme di Guterres: rischio di tracollo umanitario

Gaza. ONU, l’allarme di Guterres: rischio di tracollo umanitario

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Il segretario Onu invoca l’articolo 99. Wall Street Journal: Washington e Tel Aviv in rotta di collisione su durata e obiettivi della guerra

 

«È la prima volta durante il mio mandato da Segretario generale» ha sottolineato Antonio Guterres in un post su X in cui dà notizia di aver invocato l’articolo 99 dello Statuto delle Nazioni unite. «Il Segretario generale – recita l’articolo – può richiamare l’attenzione del Consiglio di sicurezza su qualunque questione che a suo avviso possa minacciare il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale». Nella sua lunga lettera al presidente di turno del Consiglio – l’ecuadoregno José Javier De La Gasca LopezDomínguez – Guterres ricapitola quanto ha più volte ripetuto in questi due mesi di guerra: la condanna dell’attacco di Hamas al sud di Israele, la cattura degli ostaggi, le «agghiaccianti» violenze sessuali subite dalle donne israeliane (a cui l’Onu ha prestato attenzione con grande ritardo). Per poi invocare l’intervento della comunità internazionale sul «rischio del collasso umanitario» a Gaza che sotto «bombardamento continuo delle Idf» va incontro, scrive Guterres, a «condizioni disperate in cui anche la fornitura di aiuti umanitari minimi diventerà impossibile». Potrebbe seguire una situazione «ancora peggiore», incluso lo scoppio di epidemie e «sfollamenti di massa nei paesi vicini».

ALL’APPELLO di Guterres – a cui Israele ha prontamente riposto che è lui la minaccia alla stabilità internazionale – si sono subito uniti l’Alto rappresentante per gli affari Esteri Ue Josep Borrell e Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità. Il portavoce della Commissione Ue ha indirettamente risposto a Tel Aviv affermando «non sono a conoscenza di alcun paese membro dell’Ue che sia contrario al segretario generale».

Anche negli Stati uniti si muove qualche cosa, oltre ai costanti appelli pubblici del segretario di Stato Antony Blinken affinché Israele si impegni di più a proteggere le vite civili (ieri in una telefonata con il ministro degli Affari strategici israeliano Ron Dermer ha anche affermato che Israele deve lasciar entrare più aiuti umanitari nella Striscia). Giovedì il Wall Street Journal riportava le rivelazioni di fonti anonime al corrente delle conversazioni intercorse la scorsa settimana fra Blinken, di nuovo in visita a Gerusalemme, e il gabinetto di guerra israeliano, durante le quali il segretario di Stato avrebbe detto chiaramente che gli Stati uniti si aspettano che la guerra si concluda nel giro di settimane, e non mesi come ipotizzato da Israele. «Tutti riconosciamo che più a lungo» questa guerra continua «e peggio sarà per tutti», ha dichiarato un funzionario Usa al Wsj, secondo il quale «la pazienza degli Stati uniti si sta esaurendo». Non solo: a detta della testata Tel Aviv e Stati uniti sono entrati in rotta di collisione anche sullo scopo della guerra. Mentre per il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu è «sradicare» Hamas, Washington ritiene questo obiettivo impossibile da raggiungere, e spinge verso un “punto di caduta” in cui Hamas viene rimossa dalla posizione di potere che occupa a Gaza.

IERI DAGLI USA è intervenuto anche il senatore Bernie Sanders, che ha spiegato il suo no all’approvazione del progetto di spesa di Biden: non perché non sostenga la resistenza Ucraina contro la Russia, né il diritto di Israele a dare guerra a Hamas che ha «commesso un’atroce invasione». «Ma non hanno il diritto di condurre una guerra contro l’intero popolo palestinese».
Sempre nella giornata di ieri il Belgio si è accodato agli Stati uniti nel negare l’ingresso nel Paese ai coloni israeliani responsabili di violenze contro i palestinesi. «Proporrò inoltre – ha affermato la vicepremier Petra De Sutter – che il Belgio si batta per un divieto di viaggio a livello comunitario». Il Guardian riporta infatti che durante un vertice ieri a Bruxelles si è discusso di questa eventualità, resa improbabile dal fatto cheil passaporto israeliano consente la libera circolazione nell’area Shengen. Sarebbe quindi al vaglio l’ipotesi di inserire i coloni che hanno partecipato ad azioni violente in Cisgiordania su una lista nera di singole persone colpite da sanzioni. Ed è stata la stessa polizia israeliana, ieri, a fermare una marcia di coloni di estrema destra a Gerusalemme alla moschea di Al-Aqsa.

* Fonte/autore: Giovanna Branca, il manifesto



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