PARLAMENTO e Consiglio erano partiti da posizioni distanti su due punti chiave: i cosiddetti “modelli fondativi” – ovvero l’intelligenza artificiale generativa come quella per testi (Chat Gpt) o immagini – e le regole di sorveglianza biometrica. Seguendo un approccio basato sul rischio per le persone, la legge definisce i modelli di fondazione nella categoria «ad alto impatto», ovvero tali da richiedere l’applicazione di regole stringenti di sicurezza informatica e trasparenza dei processi di auto-addestramento. Questi vincoli, chiesti dal Parlamento, venivano considerati da alcuni governi nazionali come un potenziale freno per lo sviluppo delle aziende europee del settore, come la tedesca Aleph Alpha o la francese Mistral.

IL SECONDO MOTIVO del contendere era la sicurezza. L’europarlamento si era schierato a maggioranza per vietare – pur con alcune eccezioni in casi di emergenza – l’uso dell’Ia per funzioni di polizia, mentre il Consiglio non voleva cedere sull’uso dei dati per identificare persone attraverso il riconoscimento biometrico, come anche sull’utilizzo di funzioni di polizia predittiva.
La trattativa ha dato il via libera ad alcuni punti essenziali per il Parlamento, come il divieto dei software di polizia predittiva e il bando della ricognizione facciale in luoghi di lavoro, ospedali, scuole e università. Ha vietato poi il riconoscimento biometrico in tempo reale, ma i governi sono riusciti ad inserirlo in caso di prevenzione di un attacco terroristico, di localizzazione di vittime o sospetti e di repressione di una serie predefinita di crimini gravi.

«Sono orgoglioso di poter dire che i durissimi negoziati dei giorni scorsi hanno permesso di ribaltare l’approccio securitario che avrebbe voluto permettere ai governi e ai privati di usare queste tecnologie per il riconoscimento emotivo nei luoghi di lavoro, per l’identificazione su base etnica e delle opinioni politiche, per la predizione di chi commetterà un crimine» ha commentato Brando Benifei, (S&D/Pd), co-relatore del provvedimento insieme a Dragos Todorache (Renew Europe). «Rischi distopici che abbiamo bloccato con divieti stringenti e l’uso del riconoscimento biometrico negli spazi pubblici limitato alla ricerca di terroristi e per pochi gravissimi crimini», ha aggiunto Benifei. Di parere opposto Amnesty International: «È deludente vedere che il Parlamento europeo ha ceduto alle pressioni degli Stati membri per fare un passo indietro rispetto alla sua posizione originaria, che offriva forti protezioni, tra cui il divieto incondizionato di riconoscimento facciale dal vivo», dichiara Mher Hakobyan, consulente per l’Ia dell’organizzazione umanitaria internazionale. Hakobyan definisce il divieto totale sul riconoscimento facciale «un’opportunità enormemente persa per fermare e prevenire danni colossali ai diritti umani, allo spazio civico e allo stato di diritto, già minacciati in tutta l’Ue».

A LAMENTARE troppa poca regolamentazione per i cittadini, ad esempio sui sistemi a basso rischio come giocattoli dotati di Ia o assistenti virtuali, è l’Associazione dei consumatori europei (Beuc). Pur apprezzando il divieto di classificazione sociale e la possibilità di reclamo e di richiedere risarcimento ad una pubblica autorità quando un sistema Ia causa danni, anche l’associazione, critica il fatto che i sistemi di riconoscimento delle emozioni «saranno ancora consentiti, il che è molto preoccupante visto quanto sono invasivi e imprecisi».
Ora tutte queste regole andranno applicate secondo una tempistica precisa: 24 mesi per la piena operatività dell’AI Act – anche se le aziende possono adeguarsi prima su base volontaria – mentre i divieti dovranno rispettati entro i prossimi 6 mesi.

* Fonte/autore: Andrea Valdambrini, il manifesto