E, IN UNA INTERVISTA, Trump ha già annunciato la sua soluzione per la questione palestinese e l’offensiva israeliana a Gaza. Israele deve «risolvere il problema», ha sentenziato il tycoon rispondendo alle domande di Fox News. «Si è verificata un’orribile invasione (da parte di Hamas, ndr) che non sarebbe mai avvenuta se fossi stato io il presidente», ha aggiunto il candidato repubblicano. Certo, i giochi sono tutti da fare. Che Trump torni nello Studio Ovale per ora è solo un’ipotesi, ma Netanyahu sa che resistendo a pressioni e tentazioni nei prossimi mesi forse riuscirà a liberarsi dello scomodo Joe Biden.

A conti fatti il presidente in carica è stato puntuale nel fornire le bombe con cui le forze armate israeliane hanno ridotto in cumuli di rovine quasi tutta Gaza – il Washington Post riferisce che gli Stati uniti hanno approvato e consegnato più di 100 vendite militari a Israele negli ultimi mesi -, ma Biden continua ad insistere sul cessate il fuoco e su una maggiore protezione dei civili palestinesi precipitati in una catastrofe umanitaria senza precedenti a causa dell’offensiva israeliana.

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Senza dimenticare che Biden chiede di coinvolgere nel futuro governo di Gaza l’Anp di Abu Mazen e di procedere verso la proclamazione di uno Stato palestinese in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est. Proposte che Netanyahu non intende assecondare in alcun modo. «Quando il presidente Trump tornerà nello Studio Ovale, Israele sarà nuovamente protetto, l’Iran tornerà al fallimento, i terroristi saranno braccati e lo spargimento di sangue finirà», assicura Karoline Leavitt, addetta stampa di Trump. In pubblico Netanyahu non ha espresso la sua soddisfazione ma, sicuro, tifa con tutte le sue forze per l’ex presidente.

Proprio ieri il Comitato superiore di pianificazione israeliano ha approvato i permessi per 3.500 nuove case per coloni negli insediamenti di Maale Adumim e Kedar, nella Cisgiordania palestinese occupata dal 1967. Il Comitato, guidato dal ministro delle Finanze e uno dei leader dell’estrema destra religiosa, Bezalel Smotrich, non si riuniva da mesi. Nell’ultimo anno comunque è stata autorizzata l’edificazione di 18.515 nuove case per i coloni in Cisgiordania. «I nostri nemici vogliono indebolirci e noi continuiamo a costruire e a rafforzarci», ha proclamato Smotrich, impegnato a promuovere e realizzare in ogni modo la colonizzazione israeliana dei Territori palestinesi occupati.

MENTRE I MEDIA riferiscono di iniziative velleitarie per aumentare l’afflusso degli aiuti umanitari alla Striscia – come i rifornimenti via mare, pare da domenica, organizzati della World Central Kitchen e il lancio di generi di prima necessità con i paracadute (che finiscono in mare) -, e resta incerto se oggi o nei prossimi giorni le Nazioni unite potranno usare nella fascia orientale di Gaza una nuova strada per portare soccorso al Nord della Striscia, altri due palestinesi sono morti di fame.

Si tratta di un ragazzo di 15 anni e un uomo di 72 anni, ha riferito il portavoce del ministero della Sanità di Gaza, Ashraf al-Qudra. Sale così a 20 il bilancio ufficiale delle vittime della mancanza di cibo. E, stando alla tv Al Jazeera, altri otto palestinesi sono stati colpiti a morte da spari di soldati israeliani contro persone in attesa di aiuti umanitari alla rotonda di Nabulsi (Gaza city). Lì, una settimana fa, almeno 112 palestinesi furono uccisi e 760 feriti dal fuoco delle forze israeliane e dalla calca.

Una strage che Israele continua a non riconoscere. Un gruppo di esperti dell’Onu al contrario attribuisce allo Stato ebraico la maggior parte delle uccisioni. Altre stragi sono avvenute ieri. A Jabaliya sei palestinesi sono morti nel bombardamento della moschea Salah. Altri sette sono stati uccisi al posto di blocco di Netzarim. Quattordici sono stati uccisi a Zaitoun (Gaza city), a Bani Suheila e Rafah. A Khan Yunis sono stati estratti dalle macerie i corpi di 17 persone colpite nei giorni scorsi.

L’AMMINISTRAZIONE Biden continua a spingere affinché la parti in conflitto trovino una intesa per proclamare un cessate il fuoco temporaneo prima dell’inizio del Ramadan, il 10 o l’11 marzo. Hamas ha presentato una proposta che descrive come «non negoziabile e definitiva», riporta il portale d’informazione Rai al Youm.

IL DOCUMENTO è stato consegnato da Khalil al Hayya, membro dell’ufficio politico di Hamas, ad Abbas Kamel, capo dell’intelligence egiziana. Il testo contiene 11 condizioni, tra le quali la scarcerazione di Marwan Barghouti e altri prigionieri politici palestinesi di primo piano molti dei quali legati al movimento islamico.

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto