Partiti preoccupati, ma Monti va avanti

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ROMA — I leader dei partiti hanno provato a chiedere al professor Mario Monti di smussare una manovra ormai inevitabile che ufficialmente vedrà  la luce domani anche se tutti sanno che potrebbe essere convocato ad horas un Consiglio dei ministri da tenersi oggi dopo i faccia a faccia con i sindacati.
Così, alla fine di una lunga giornata di consultazioni a Palazzo Chigi, i mal di pancia dei partiti si concentrano intorno al ventilato aumento delle aliquote più alte dell’Irpef e al giro di vite sulle pensioni. Pier Ferdinando Casini parla «di medicina necessaria per un malato che altrimenti muore», ma chiede anche «equità  e attenzione per le famiglie». Ma è Angelino Alfano a prendere di petto la questione del ceto medio, i «soliti noti» cui si chiede di pagare sempre più tasse, puntando a escludere dalla stangata fiscale almeno chi guadagna tra 55 e 75 mila euro lordi all’anno. In serata, nello studio del presidente del Consiglio sale anche Pier Luigi Bersani, che ribadisce le sue preoccupazioni per l’impatto del giro di vite sulla previdenza e per la mancanza di interventi risolutivi sull’evasione fiscale: «Serve maggiore tutela per i pensionati e per gli stipendi più bassi. Non tutto ci convince, ora vedremo gli esiti dell’azione del governo». Ma il premier, a tutti i partiti, ha ribadito la sua linea: «Il momento è serio», per molti versi «drammatico», i mercati non aspetteranno ancora, e «in ballo non c’è solo il futuro dell’Italia ma dell’intera Europa».
Le facce tese di Casini (accompagnato da Francesco Rutelli e da Benedetto Della Vedova), di Alfano e di Bersani danno la cifra di una giornata in cui nel monolite carico di sacrifici messo a punto a Palazzo Chigi si apre un’unica crepa che riguarda l’Irpef. Alfano, insieme a Cicchitto e Gasparri, spiega: «Non si può far pagare il conto a coloro che con onestà  hanno sempre versato il proprio tributo allo Stato», insiste Alfano con il premier e i ministri Passera, Fornero e Giarda che assistono ai colloqui. Il Pdl chiede di alzare l’asticella perché, insiste Alfano, «55 mila euro rappresentano una soglia troppo bassa per aumentare l’Irpef: per noi 55 mila euro non evidenziano fasce da colpire ma soggetti già  tartassati». Poi però, fatti i calcoli con i tecnici del Tesoro, Monti manda a dire ad Alfano che il capitolo Irpef può essere pure rivisitato per la fascia 55-75 mila euro, ma poi aggiunge che altri ripensamenti dell’ultimo minuto non sono da escludere.
È stato lungo e faticoso (dalle 21 alle 23.20) il colloquio tra il premier e Bersani (c’erano anche Dario Franceschini e da Anna Finocchiaro) che deve difendere la trincea delle pensioni, caduta la quale il Pd rischia il divorzio dalla Cgil. Il passaggio si è rivelato più complicato del previsto perché il segretario del Pd non ha mollato fino all’ultimo su due temi: «Equità  e crescita» senza i quali, ha insistito, non si possono accettare i sacrifici imposti con la cura dimagrante prevista per le pensioni. E poi il taglio dei costi della politica non sembra essere ancora in cima ai pensieri del governo, ha detto il leader del Pd anche se Monti avrebbe una carta a sorpresa, una testimonianza che coinvolgerebbe il governo. Per dimostrare che ridimensionare le pretese della casta si può.


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