Le misure del governo: ora tocca ai tagli di spese scure sugli sconti fiscali per aiutare i disoccupati

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Dopo tasse e pensioni ora tocca alla spesa pubblica e alle agevolazioni fiscali. Appena incassato il via libera definitivo alla manovra è già  in agenda un appuntamento che coinvolgerà  il presidente del Consiglio Monti e i maggiori ministri economici, da Giarda a Passera, per aprire il dossier spesa pubblica. Due le misure sul tavolo: blocco dell’aumento della spesa primaria al 50 per cento della crescita del Pil e sfoltimento dei 720 sconti fiscali, tra famiglie e imprese, che costano al nostro sistema 253 miliardi. Oltre a una stretta su beni e servizi e sprechi vari. Nel complesso, sul versante della spesa, si potrebbero risparmiare circa 10 miliardi aggiuntivi.
Un record per le spese
Sul tavolo dell’incontro una tabella con cifre impressionanti: al netto delle pensioni e degli interessi la spesa pubblica italiana ha raggiunto i 480 miliardi di euro. Troppo per essere sostenibile e troppo sperequata per aderire a tutti i crismi dell’equità . La montagna della spesa non fa neppure differenze o discriminazioni tra centro e periferia: è distribuita – secondo le ultime osservazioni del governo – al 50 per cento tra amministrazione centrale e Regioni-Comuni-Province.
la regola del 50%
La cornice all’interno della quale si muoverà  il governo per aggredire la spesa pubblica, al netto delle pensioni sulle quali si è già  operato, è quella della spending review, cioè la selezione tra sprechi e spese necessarie. Ma in mano all’esecutivo, votato con l’ultima legge di Stabilità  che porta la firma dell’ex ministro Tremonti del settembre scorso, c’è anche il cosiddetto emendamento Morando, dal nome del senatore del Pd che l’ha presentato e fatto approvare dall’assemblea di Palazzo Madama, e che ora il governo Monti vuole rendere immediatamente operativo. La norma prevede che la spesa primaria del bilancio dello Stato non possa aumentare in termini nominali (cioè inflazione compresa) più del 50 per cento della crescita del Pil stimata dal Documento di economia e finanza. Una vera e propria mordacchia ai conti pubblici che, unita al pareggio di bilancio inserito in Costituzione, renderà  stazionario lo stato dei conti pubblici italiani.
Federalismo da rivedere e nuovo patto con i Comuni
Ma non basta: il governo sta studiando tre mosse che comportano un’azione pressante e coordinata. Il primo fronte si chiama federalismo fiscale: spinto a tappe forzate dalla Lega nella prima parte del 2011 ora, anche in vista dei nuovi equilibri politici, dovrà  essere rivisto. Il secondo fronte si chiama “tagli lineari”: serve un intervento per modificare la tecnica “proporzionale” e indiscriminata adottata da Tremonti per tagliare la spesa pubblica che ha ormai “congelato” bilanci di enti e amministrazioni costretti ad incorporare le nuove regole. Terzo fronte, il patto di stabilità  interno: i Comuni hanno avuto parte delle risorse per l’aumento delle imposte e l’introduzione della tassa sui servizi, ma resta la necessità  di rivedere pesi e impostazioni.
Meno agevolazioni e si evita l’Iva
A completare il quadro dell’agenda delle prime settimane dell’anno, che sarà  oggetto della ricognizione governativa tra Natale e Capodanno, c’è il taglio delle agevolazioni fiscali eccessive, inutili o che si sovrappongono ad analoghe provvidenze assistenziali Inps. La norma è nata sotto l’emergenza dell’estate scorsa e prevedeva, nel caso di mancata attuazione, l’introduzione automatica e indiscriminata di tagli lineari del 5 per cento fin dal prossimo anno. Il governo, considerando i tempi assai stretti per attuare la delega, l’ha accantonata e coperta per ora con l’aumento dell’Iva che scatterà  da ottobre. Ma l’intenzione dell’esecutivo è quella di evitare l’aumento dell’Iva (o di ridimensionarlo) e di approvare in tempi rapidi la legge di riforma del fisco, praticando tagli selettivi delle agevolazioni fiscali per circa 3-4 miliardi. Senza sacrificare quelle basilari, come le detrazioni per figli e lavoro dipendente.
Più ammortizzatori
Con i risparmi che arriveranno dal taglio delle agevolazioni si dovrebbe finanziare la riforma dell’assistenza e degli ammortizzatori sociali, per aiutare soprattutto i disoccupati. La giungla degli sconti sui quali il governo si propone di operare è enorme: dalla Commissione presieduta dall’attuale sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani è emerso che nel nostro sistema ci sono 720 agevolazioni fiscali che costano allo Stato 253 miliardi.
I doppioni Fisco-Inps
Ma soprattutto è la confusione che regna. Per detrazioni per abbonamenti a bus e metro, per palestre, per spese funebri bisogna rivolgersi al Fisco. Per esperimenti come la social card per anziani indigenti, oppure bonus bebè da 1.000 euro per i nuovi nati, bisogna bussare all’Inps. Fisco e assistenza, erario e Inps sono due torri di Babele. Dove, nel corso degli anni, si sono cumulate detrazioni con finalità  assistenziali che spesso si sovrappongono con analoghi e simili interventi ad erogazione diretta da parte dell’Inps. Di fatto due Welfare. Che camminano ciascuno per conto proprio. 
La giungla degli sconti fiscali
Dentro questo marasma – che prevede circa 80 voci di agevolazioni nella denuncia dei redditi – c’è di tutto. Alcune fanno sorridere come quella per le cure veterinarie di cani e gatti di cui beneficiano 60 mila amici degli animali. Altre sono duplicazioni come le agevolazioni per le donazioni alla Biennale di Venezia o all’Ospedale Galliera, ottime istituzioni ma che comunque potrebbero beneficiare del sistema più moderno del 5 per mille. Ma ci sono poi aiuti ben più importanti e gettonati, come quelli per i mutui prima casa (ne beneficiano 3,8 milioni di contribuenti) e quelli per le assicurazioni sulla vita e contro gli infortuni (6,6 milioni di contribuenti). O ancora quelli sulle spese sanitarie: sono 18 milioni gli italiani che le detraggono regolarmente dalle tasse, e sarà  difficile intervenire qui. Dove si pensa di affondare la lama è sulle agevolazioni Iva e quelle sulle accise (che ad esempio facilitano autotrasporto e traffico aereo).


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