Brasile batte Inghilterra nel campionato della ricchezza

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RIO DE JANEIRO — La vecchia Europa zoppica, il nuovo mondo corre e muove le classifiche, celebrando i movimenti dell’economia con passione sportiva. Ieri mattina il Brasile si è svegliato con una buona notizia arrivata dal londinese Guardian: il Paese ha superato la Gran Bretagna nella graduatoria mondiale del Pil. È ora al sesto posto tra le grandi economie, preceduto appena da Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania e Francia. La stima, in anticipo sulle rilevazioni ufficiali, arriva dal centro studi inglese Cebr, il quale precisa che i sommovimenti non sono ancora finiti. A meno di un improbabile ritorno alla crescita sostenuta in Europa, il Brasile dovrebbe superare nel giro di poco tempo anche la Francia (l’Italia è dietro già  da un paio d’anni). Ma non guadagnerà  posti nel ranking mondiale, perché a sua volta perderà  una posizione a favore dell’India.
Il valore relativo di queste classifiche è noto. Già  l’Italia negli anni Ottanta commemorò, con qualche polemica, presunti sorpassi su Londra e Parigi, che poi si rivelarono momentanei e forse nemmeno troppo veri (all’epoca si tentò di infilare nel conto il cosiddetto sommerso). Naturalmente il peso della popolazione ha un valore decisivo, perché i redditi pro capite tra l’Europa e il Brasile sono ancora assai lontani. Inoltre le classifiche si muovono anche influenzate dal cambio, che favorisce l’ascesa dei Paesi con monete sopravvalutate. La differenza, adesso, è che la scalata dei grandi emergenti del Bric — come si definisce il gruppo Brasile-Russia-India-Cina — ha tutta l’aria di essere strutturale, o comunque destinata a durare a lungo. Proprio per la brutale differenza di crescita tra gli emergenti e le vecchie glorie, unita al fattore demografico. Il responsabile del Cebr, l’inglese Douglas McWilliams, l’ha presa — diciamo — sportivamente: «Da anni il Brasile batte i Paesi europei nel calcio, ma vincere sull’economia è un fenomeno nuovo. Il campionato della ricchezza ci mostra come la mappa sta cambiando, con l’ascesa dell’Asia e delle economie esportatrici di materie prime». Secondo lo stesso studio, è difficile che la situazione si ribalti a breve, perché i Paesi europei uniranno il «decennio perduto» di bassa crescita che hanno alle spalle con altri anni che verranno spesi a pagare i debiti e salvare il sistema bancario. C’è da dire che il Cebr è particolarmente pessimista, perché prevede l’uscita dall’euro di «uno o più Paesi» e qualche default di debito sovrano.
Pur lontana dai ritmi asiatici, l’economia brasiliana cresce da un decennio ininterrotto, con l’eccezione di un ripiego nel 2009 a causa della crisi mondiale. La spinta è arrivata inizialmente dal boom di esportazione di materie prime, tra cui soia, minerali e zucchero, al quale è seguito negli ultimi anni la crescita dei consumi interni. Nel frattempo il Brasile ha seguito politiche ortodosse nel controllo dell’inflazione e dei conti pubblici. La notizia del sorpasso sulla Gran Bretagna è un riconoscimento, ma arriva in un momento delicato, perché la crescita economica in Brasile sta rallentando per effetto della crisi mondiale. Dopo aver superato il 5% negli anni scorsi, il 2011 dovrebbe chiudersi con un +3% e rallentare ancora di qualche decimo l’anno successivo. «È una bella notizia — ha commentato il ministro dell’Economia Guido Mantega — ma non dimentichiamo che per raggiungere uno standard di vita europeo ci manca parecchio, forse una ventina d’anni».


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