L’eccezione Trento: disoccupati al 4% e reddito garantito

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Reddito minimo di garanzia, contributi ai parasubordinati, un’Agenzia per l’impiego che negli ultimi 12 mesi è riuscita a ricollocare quasi la metà  dei disoccupati. E poi ancora apprendistato, formazione, lavori (davvero) socialmente utili. A monte, una «visione integrale delle politiche per il lavoro»: è la flexicurity trentina, un modello che ha permesso di ridurre al minimo i danni della crisi. «Non vorrei dare l’impressione che la nostra sia un’isola felice – dice Lorenzo Dellai, presidente della Provincia autonoma di Trento – però certo il nostro attuale tasso di disoccupazione è leggermente sopra 4%, e il tasso di disoccupazione giovanile al 14%». La questione potrebbe essere liquidata facilmente con i luoghi comuni: il Trentino è ricco, è una provincia autonoma e pertanto riceve montagne di finanziamenti dallo Stato. Oppure si può cercare di capire come funziona il più completo modello italiano di flexicurity: «Noi non abbiamo trasferimenti da parte dello Stato per finanziare politiche ad hoc – assicura Dellai – le nostre politiche per il lavoro sono finanziate con il bilancio della nostra Regione, della Provincia e dal Fondo Sociale Europeo, al quale attingiamo in particolare per le politiche attive».

Dal 2008 in via sperimentale nella Provincia di Trento è stato introdotto il reddito minimo di garanzia, che è diventato una misura strutturale l’anno dopo. «Abbiamo stabilito che ne ha diritto chi è sotto la soglia di povertà  di 6500 euro annui (considerata una famiglia di una persona): garantiamo una integrazione fino ad arrivare a quella cifra. – spiega Dellai – Viene erogato per quattro mesi, però la richiesta può essere effettuata fino a coprire 16 mesi in due anni. L’obiettivo è quello di evitare che le persone con redditi troppo bassi scivolino in forme di esclusione».
Altro intervento di sostegno ai lavoratori è il contributo per la previdenza complementare dei parasubordinati: viene erogato nei periodi che intercorrono tra un contratto e l’altro. «Da noi il 30% dei lavoratori è iscritto a un fondo di previdenza complementare», ricorda Dellai.
Il fulcro delle politiche della Provincia è però l’Agenzia per il Lavoro, articolata in numerosi centri locali per l’impiego, che ha una governance a tre, costituita da rappresentanti degli enti locali, dei sindacati e delle imprese. «Nel 2011 l’Agenzia e i centri per l’impiego – dice Dellai – hanno svolto 18.300 colloqui individuali». Per chi ha scarse possibilità  di essere ricollocato, ci sono infine i lavori socialmente utili: «Vengono affidati alle imprese, e sono mirati alla realizzazione di opere concrete. Per esempio ci hanno permesso di costruire una rete di piste ciclabili».


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