Google assolta, i paletti Antitrust

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NEW YORK — Nessuna manipolazione dei dati, nessun abuso di posizione dominante. La Commissione antitrust americana assolve Google, di fatto, per insufficienza di prove. La società  fondata da Larry Page e Sergey Brin nel 1998, oggi quasi 40 miliardi di dollari di fatturato, esce addirittura rafforzata da un’inchiesta durata un anno e mezzo, che ne ha messo sotto esame l’essenza stessa. L’accusa formulata dai competitor, tra gli altri Yelp, era semplice e potenzialmente letale: è giusto usare il motore di ricerca, la finestrella con la barra bianca, il disegnino e la scritta Google per smistare le ricerche su siti e informazioni collegate alla casa madre? Tra gli esempi citati: chi cerca un’informazione su Google Map si ritrova, tra l’altro, nel mezzo di elenchi compilati da Zagat, la guida online di ristoranti, locali e hotel di recente acquistata dalla compagnia di Mountain View.
La domanda è cruciale, perché negli Stati Uniti oltre il 70% degli internauti si serve della porta di Google e la quota tocca il 90% nel resto del mondo. Chi passa da qui inizia un viaggio che incrocia la lista dei contenuti, elaborati da complicati algoritmi, e soprattutto, le inserzioni commerciali raccolte dal marketing di Google.
Antitrust al lavoro, dunque, sia in Europa che negli Stati Uniti, per stabilire se Google non distorca o manipoli in qualche modo i risultati delle ricerche per massimizzare gli introiti pubblicitari.
Ieri la prima risposta è arrivata dal presidente dell’Autorità  americana, Jon Leibowitz, che ha spiegato così la sentenza: «Non ci sono prove che supportino l’ipotesi che il ruolo dominante di Google nel mercato della ricerca su Internet sia illegittimo».
L’Antitrust, quindi, non ha comminato alcuna sanzione, alcuna multa. Leibowitz si è accontentato di un semplice impegno preso da Google per risolvere anche l’altra pendenza, quella degli standard tecnologici utilizzati dagli smartphone e dai tablet per collegarsi a Internet. Il problema è nato lo scorso anno, quando l’amministratore delegato Eric Schmidt decise di comprare la società  di telefonia Motorola Mobility, nel cui portafoglio trovò più di 24 mila brevetti tecnologici. Un patrimonio essenziale per lo sviluppo della connettività , cioè il collegamento telefono-internet. Anche in questo caso i concorrenti accusarono Google di aver esercitato forti pressioni affinché gli smartphone utilizzassero standard Motorola per poi ritrovarsi automaticamente sul motore di ricerca della casa madre. Ma, ancora una volta, l’Antitrust non ha trovato «evidenze» di abusi sul mercato. E dunque Google se la cava con un impegno solenne a facilitare «l’interoperabilità » con gli altri attori tecnologici. Infine Google assicura che rimuoverà  i vincoli nell’accesso ad AdWords, la piattaforma online per la promozione pubblicitaria, consentendo agli inserzionisti di raccogliere i dati per valutare i risultati delle proprie campagne.
Giuseppe Sarcina


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