Lo scenario greco e la lezione incompresa di Atene

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Anche perché, come in Grecia un anno fa, qualsiasi ipotesi di grande coalizione non avrebbe altro risultato che quello di far schizzare in alto i consensi per l’unica forza capace di coagulare il malcontento sociale: in Italia il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, in Grecia la sinistra radicale di Syriza.
Ma vediamo quante e quali analogie potrebbero esserci con quanto accaduto ad Atene. I greci andarono al voto il 6 maggio del 2012 con un fortissimo rischio che i due partiti maggiori, il centrodestra di Nuova Democrazia – minato da numerosi scandali di corruzione, come il Pdl italiano – e i socialisti del Pasok non riuscissero a ottenere una maggioranza sufficiente a formare un governo di unità  nazionale. Andò esattamente così: il centrodestra si fermò a un misero 18,9% dei consensi, il Pasok crollò al 13,2%. Viceversa, si registrò l’exploit di Syriza, la coalizione di sinistra radicale guidata da Alexis Tsipras, che grazie al fatto di aver cavalcato le proteste di piazza riuscì a ottenere il 17% dei voti. Sul versante opposto, mise paura l’avanzata dei neonazisti di Alba Dorata, al 7%.
Il giorno dopo, risultò impossibile formare un governo, anche perché Syriza rifiutò qualsiasi accordo che avrebbe fatto precipitare i consensi ottenuti. Si tornò così alle urne il 17 giugno, sotto la spada di Damocle della mancata concessione degli aiuti europei e del rischio concreto di non riuscire a pagare stipendi e pensioni nel volgere di un paio di mesi. Il leader di Nuova Democrazia Antonis Samaras promise di rinegoziare le condizioni-capestro imposte dalla Ue e la pressione internazionale fu pesantissima. Risultato: il centrodestra balzò dal 18,9% al 30%. Del ricatto europeo non beneficiò il Pasok, che rimase incollato al 12,5% che bastò per formare un governo di coalizione. Ma la vera sorpresa fu ancora una volta Syriza, che balzò al 27%. Morale della favola: non aver studiato la lezione greca ci ha condotti dritti a uno scenario greco.


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