L’IDEALE CHE MANCA NELL’EUROPA IN CRISI

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Ciò potrebbe portare a una crisi violenta non soltanto dell’Unione europea ma della stessa democrazia. L’alternativa a un esito così drammatico è rappresentata da un accordo immediato per cambiare radicalmente la strategia economica del Vecchio Continente. Si tratta di chiudere la stagione del rigore e di lanciare un grande piano di investimenti che permetta di rovesciare la linea di “attesa” scellerata che sta conducendo l’Europa al disastro. Che la Germania sia ancora una volta il soggetto responsabile della tragedia europea è una circostanza che sfida la convinzione secondo cui la storia non può ripetersi. Questa convinzione è una triste sciocchezza poiché la storia spesso si ripete sia pure con varianti. Occorre dunque lavorare per un accordo immediato tra i paesi europei al fine di superare questa situazione insostenibile. Se non sarà messo rapidamente in moto un nuovo ciclo di sviluppo, i contrasti all’interno dei paesi e tra le diverse aree economiche potrebbero evolvere verso un vero e proprio conflitto dalle conseguenze ora inimmaginabili.
Ma perché siamo arrivati a questo punto? Crediamo che uno dei motivi sia da attribuire alla scomparsa del socialismo liberale dal panorama della politica europea. Il socialismo liberale era l’unico ideale con un respiro continentale e universalista, che avrebbe potuto contrapporsi non solo all’Europa dei localismi, delle comunità omogenee e dei razzismi, ma anche al predominio del capitalismo finanziario. Il libero movimento dei capitali su scala globale non ha trovato ostacoli compromettendo la capacità dei governi di realizzare politiche economiche per lo sviluppo, indebolendo i lavoratori che sono stati messi sotto il ricatto delle delocalizzazioni produttive e arrivando a svuotare i sistemi democratici della loro capacità di rappresentanza.
Oggi stanno prevalendo il cinismo e l’aridità delle tecnocrazie e stanno riemergendo le pulsioni dei movimenti nazionalisti, mentre la rabbia, la protesta e la disperazione continuano a crescere di pari passo con la sfiducia nella politica e nelle istituzioni. L’incertezza che avvolge la storia attuale paralizza le decisioni e impedisce un’intesa socialista che promuova sviluppo e eguaglianza sociale. I partiti che si professano socialisti non sono stati capaci di realizzare gli ideali a cui dicono di ispirarsi.
L’Italia è un caso a parte poiché oggi non possiede un grande partito di massa di ispirazione socialista. Storicamente, il partito socialista, in altri paesi contrapposto ai partiti liberali o democristiani, è stato dapprima in posizione di sudditanza di un partito comunista anomalo e poi in una posizione di “alleanza competitiva” con la democrazia cristiana. Non era dunque una socialdemocrazia alternativa ai partiti conservatori, ma alleata con questi in un contesto concorrenziale. Il Partito Socialista Italiano ebbe un ruolo centrale nella politica italiana all’inizio degli anni Sessanta nei primi governi di centrosinistra con la stagione della programmazione economica. Il tentativo della sinistra “riformista”, che rappresentò il progetto di cambiamento più concreto del dopoguerra, fu stritolato in una morsa tra il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana. All’inizio degli anni ‘80 il Partito Socialista conquistò una posizione rilevante con la leadership di Craxi. Questa posizione purtroppo fu spesa in una politica di perseguimento puro e semplice del potere. In seguito al crollo dell’alleanza tra la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista, fu realizzato un imponente piano di privatizzazioni delle imprese e delle banche pubbliche. Tale piano rappresenta uno dei fattori all’origine del progressivo declino dell’economia italiana.
In conclusione, sarebbe quanto mai necessario riproporre gli ideali del socialismo liberale per fronteggiare la debolezza del capitalismo privato e per combattere la disoccupazione e il divario crescente nella distribuzione del reddito al fine di promuovere una riforma radicale dell’architettura politica europea.


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