Lacrime e cioccolato alla Farnesina l’abbraccio di Alma e Alua alla Bonino

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LA MORALE (provvisoria) della storia l’ha tirata la signora Alma Shalabayeva, così: «Senza la stampa indipendente, io e la mia bambina saremmo due delle innumerevoli vittime ignote e ignorate». È durato sette mesi il rattoppo teso a riportare le cose al punto in cui erano state brutalmente strappate. Erano avvenute insieme una malefatta e una disgrazia.

ALMA mi aveva detto, nella casa paterna di Almaty: «Una moviola che ci riporti indietro a una sera di Roma, senza che nemmeno dobbiamo voltarci, è un sogno impossibile». Infatti, la vita non è come un film, e non si può ricorrere a un altro ciak. Si può sforzarsi di riparare, ed è quello che è successo.
Lungo i sette mesi, in tanti hanno chiesto perché Repubblica dedicasse tanto spazio e attenzione a questa vicissitudine. Ieri è stato più chiaro. Bastava paragonare il modo in cui madre e figlia erano state trascinate a Ciampino e caricate su un aereo mercenario per una servile rendition, al modo in cui è stata aspettata e ricevuta ieri a Fiumicino. Bisognava ripulire una macchia, e intanto in questi mesi tanti di noi sono diventati amici di Alma e Alua, ne hanno sentito l’angoscia e l’offesa, hanno condiviso ieri il loro trepidante sollievo. La signora Alma era emozionata, ieri, e non smetteva di ringraziare il ministro Bonino, che a sua volta le ripeteva come l’Italia e il suo governo avessero desiderato rimediare a una loro colpa, e la esortava a prendersi cura di sé.
E’ stato un incontro affettuoso, commosso e discreto. C’erano due collaboratori del Gabinetto del ministro, c’era la direttrice generale per gli italiani all’estero, Cristina Ravaglia, ambasciatrice leggendariamente dedita alle traversie dei nostri connazionali, e che dall’inizio aveva preso a cuore Alma e Alua come se fossero anche loro italiane finite chissà come all’estero. In un giorno, diceva Alma, un nodo che sembrava inestricabile si è sciolto, come in una favola: il passaporto chiesto e ricevuto, la partenza, i suoi figli che si incontravano di nuovo dopo tanto tempo, e dopo aver temuto molto peggio. Alua ha quasi sette anni, e le bambine di sette anni fanno molte domande. Non ha smesso di domandare perché non potesse andare da sua sorella e suo fratello, e perché loro non potessero venire da lei, e perché suo padre fosse anche lui così impegnato… Naturalmente, una bambina di sette anni capisce molte più cose di quante mostri di saperne, e rifiuta di capirne molte altre.
Nell’incontro di ieri alla Farnesina se l’è cavata intaccando l’orsacchiotto di cioccolata che aveva ricevuto in regalo dal ministro – sobrio risarcimento forfettario – e fingendo di rifiutare di dividerla coi fratelli. Mi sono dimenticato di chiederle del coniglietto bianco Sasha: chissà se ha ottenuto un visto Schengen anche lui. Del resto si lascia sempre indietro qualcosa, in un mondo in cui ci si muove a ghiribizzo d’altri. Alua ci aveva cantato, ad Almaty, la canzone della casa molto carina, senza soffitto senza cucina. Londra, Roma, Almaty, ora ne avrà un’altra di città e di casa.
Alma ha spiegato di essere venuta a Roma perché le premeva soprattutto abbracciare Emma Bonino e ringraziare gli italiani che aveva sentito vicini, ma di voler ripartire subito per Ginevra, dove abitano figli e nipotini. Le è costato anche lasciare il Kazakhstan in cui vivono i suoi genitori. Suo padre ha 73 anni, è ammalato ma sta meglio di quando lo incontrammo ad Almaty. Non si staccava da lei, e d’un tratto le domandava: «Ma come mai sei qui?
Perché non sei con tutta la tua famiglia?». Lei gli diceva: «Papà, non vuoi che stia con te?», e allora si accontentava. Suo padre, mi dice ora, ha voluto parlarle solennemente. Le ha ripetuto che le vuole bene, e perciò le raccomandava di andare, che la sua vita era coi figli e i nipotini.
Ieri noi italiani abbiamo riaccolto la signora Alma, non “la moglie di”. Come “moglie di” – e come i suoi figli – avrà occasioni di parlare attraverso o assieme ai suoi avvocati. Ma ieri, e da quello sciagurato giorno romano, era di lei e di Alua che si trattava. Un atto dovuto, certo. Ma se ieri la signora Alma l’ha definito come una specie di favola di Natale, è perché almeno lei ha capito che la terra è traboccante di atti indebiti, e rarissima di atti dovuti.

 


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