Nuova Fiat, la festa a porte blindate

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Per gli abi­tanti di Pomi­gliano quella resterà sem­pre la «Fiatt» con l’accento sull’ultima t, il pen­siero che la società possa aver cam­biato nome in Fiat Chry­sler Auto­mo­bi­les, spo­stato la sede in Olanda per pagare meno tasse, li fa solo arrab­biare. Basta chie­derlo al ben­zi­naio o al bari­sta sul corso prin­ci­pale, nes­suno sa niente di quello che acca­drà alla cit­ta­dina che basa la pro­pria eco­no­mia sull’area indu­striale. Anche oggi che sono arri­vati oltre 700 con­ces­sio­nari da mezzo mondo a vedere nuovi modelli, il paese non è stato coin­volto. Men­tre la crisi atta­na­glia l’ex capi­tale auto­mo­bi­li­stica del Mez­zo­giorno e lo si capi­sce al volo, dai car­telli dei negozi che chiu­dono, dai fit­tasi e ven­desi degli appar­ta­menti appesi un po’ ovun­que. E dal pre­si­dio fuori l’ingresso prin­ci­pale del Gian­bat­ti­sta Vico in rap­pre­sen­tanza di quei 2500 lavo­ra­tori che dal 2010 non tor­nano in fabbrica.

Tutti con l’amaro in bocca il giorno dopo i fune­rali di Pino De Cre­scenzo l’attivista dello Slai Cobas che si è impic­cato, stre­mato da anni di cig, senza futuro e con pro­blemi fami­liari alle spalle. Solo a luglio aveva scritto su suo pro­filo pub­blico: «Ormai è diven­tato nor­male vedere come fini­sce un giorno e come ini­zia l’altro». Nes­suno in rap­pre­sen­tanza della fab­brica si è pre­sen­tato alla fun­zione fune­bre, ci ten­gono a sot­to­li­nearlo i com­pa­gni dello Slai Cobas che insieme alla Fiom e ai Comi­tati di Lotta Cas­sin­te­grati si posi­zio­nano in un lungo cor­done davanti ai can­celli. Anche se non c’è nes­suno da bloccare.

Alfredo Alta­villa, numero due di Fiat Chry­sler in Europa, Africa e Medio Oriente e i suoi dea­lers sono entrati dal can­cello 4 e l’ingresso è pre­si­diato solo da un paio di camio­nette di cara­bi­nieri. «Pino era uno di noi», spiega Anna Soli­meno dello Slai Cobas, anche lei come De Cre­scenzo al con­fino di Nola. Alla logi­stica dove nel 2008 i ver­tici del Lin­gotto ave­vano spo­stato molti, pare quelli più poli­ti­ciz­zati e con pro­blemi di salute. «È chiaro che quando ven­gono a man­care i soldi si sfa­scia tutto – dice Anna – noi non abbiamo molte spe­ranze. Ora ci dicono che for­ni­remo Melfi o Cas­sino, ma se non rie­scono a farci lavo­rare a Pomi­gliano. Figu­ria­moci fuori».

Raf­faele Manzo ha 36 anni, fami­glia mono­red­dito con un figlio di 5 anni, da cas­sain­te­grato per­ce­pi­sce 800 euro: «È pesante. Ogni bol­letta può diven­tare un liti­gio e non tutti ce la fanno». D’altra parte sui nuovi modelli, al di là della convention-spot di due giorni, nes­suno ci fa troppo affi­da­mento: «Qui si dove­vano pro­durre 280 mila vet­ture e ne escono 110 mila – dice Seba­stiano D’Onofrio, Rsa Fiom ripor­tato in fab­brica solo gra­zie alle vie legali – Senza un pro­getto indu­striale serio morirà tutto».
Una lenta ago­nia, dun­que, oppure l’ad Ser­gio Mar­chionne man­terrà le pro­messe (sem­bra fatte allo stesso pre­si­dente Napo­li­tano) di man­te­nere sotto il Vesu­vio uno sta­bi­li­mento efficiente?

«Noi siamo scon­cer­tati – dice Ste­fano Birotti che negli ultimi 4 anni, con tes­se­rino Fiom in tasca, ha lavo­rato solo tre set­ti­mane – Qui c’è gente che si è sui­ci­data e que­sti pen­sano a festeg­giare. Men­tre anche la Cgil con la firma dell’accordo sulla rap­pre­sen­tanza limita l’autonomia dei dele­gati. Che per Pomi­gliano signi­fica un’altra maz­zata». Mat­ti­nata tri­ste, non c’è molto da aggiun­gere, anche se i test-driver con­ti­nuano ad andare avanti e indie­tro per pro­vare le Panda da spe­dire nelle autorivendite.

Die­tro i can­celli Anto­nio Di Luca, altro Rsa Fiom, è in tuta bianca: «Sto malis­simo – esor­di­sce – oggi è il mio ultimo giorno. Dopo solo 12 set­ti­mane di lavoro torno in cig. Qui non esi­ste una reale rota­zione, il 31 marzo quando fini­ranno gli ammor­tiz­za­tori sociali cosa avverrà?». Un bell’interrogativo, i segnali non sono buoni, anche se lo zoc­colo duro dei sin­da­cati di base e della Fiom non si arrende: «Noi con­ti­nuiamo a chie­dere una redi­stri­bu­zione delle risorse e con­tratti di soli­da­rietà per far lavo­rare tutti». Ma alla Fca rispon­dono blin­dando le porte della kermesse.


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