Obama il polacco

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È quasi una pro­vo­ca­zione la visita in Polo­nia come prima tappa del viag­gio per l’anniversario dello sbarco in Nor­man­dia (6 giu­gno 1944, undici mesi dopo la scon­fitta nazi­sta a Sta­lin­grado). Vero è che la Polo­nia è il paese più fedele da legit­ti­mare al meglio men­tre la Ger­ma­nia, la Fran­cia, l’Italia s’ostinano ad avere solidi legami eco­no­mici e per­sino poli­tici con il nemico russo. Il quale è stato per­sino invi­tato alle cele­bra­zioni in Nor­man­dia! La crisi ucraina ha rispol­ve­rato il man­tra della guerra fredda tor­nata a inqui­nare le rela­zioni tra le due sponde dell’Atlantico.

Non è tor­nata, non è mai andata via. È stata in pausa nei primi anni novanta quando gli eco­no­mi­sti di Har­vard fecero adot­tare la shock the­rapy al governo e il prezzo del pane aumentò del 200% dalla notte al giorno men­tre l’impolitico Fondo Mone­ta­rio finan­ziò la rie­le­zione di Yel­tsin. Con Putin il rap­porto è tor­nato indie­tro, all’epoca in cui l’Urss si con­si­de­rava alla pari degli Usa. Per­ché que­sto è il punto, oggi ancora più chiaro di quando il mondo era visto spac­cato tra «capi­ta­li­smo» e «socia­li­smo». Oggi le élite finan­zia­rie non hanno ban­diere ideo­lo­gi­che, i flussi di capi­tali non hanno bar­riere nazio­nali ma la poli­tica di potenza con­serva il suo irre­si­sti­bile fascino. E divide ancora il mondo tra amici e nemici, come la Spa­gna e l’Inghilterra nel sei­cento, come la Fran­cia e la Ger­ma­nia nell’ottocento. Nello sce­na­rio attuale Ame­rica e Rus­sia sono l’una di fronte all’altra sem­pli­ce­mente per­ché hanno ambe­due forze mili­tari quasi quasi alla pari. Gra­zie a quel “quasi quasi” la Rus­sia di Putin si muove per farsi rico­no­scere il diritto a coge­stire i con­flitti, dall’Iran alla Siria. Ma quel «quasi quasi» è una pro­vo­ca­zione per un’America orgo­gliosa di essere la super­po­tenza che nel secondo Nove­cento si è impo­sta prima sull’Europa e poi sull’Urss. E nel paese i distin­guo di Obama sui nemici da vin­cere con belle parole, i droni e i com­pro­messi sono stig­ma­tiz­zati come la prova della sua debo­lezza di coman­dante in capo. E dun­que chi l’ha con­vinto ad andare in Polo­nia? Andarvi è una mossa di parte, anti­eu­ro­pea e anti­russa. È il paese che per primo con Soli­dar­nosc e con l’aiuto di Rea­gan e del papa, ha inferto una ferita pro­fonda al sistema sovie­tico. È il paese in cui i bam­bini bevono nel latte materno l’odio per i russi e i tede­schi e nell’aria che respi­rano, l’avversione per gli ebrei. Mille sono le ragioni sto­ri­che per odi e avver­sioni da un lato e per l’attrazione per l’America (e l’Inghilterra) dall’altro.Troppe per essere espo­ste qui. Impor­tante, però, è quel loro effetto sul ceto poli­tico post sovie­tico, oggi al governo. Si tratta più che spesso di figli e nipoti delle élite pre sovie­ti­che, emi­grate e edu­cate nelle uni­ver­sità inglesi e/o ame­ri­cane. Il caso di Rado­slav Sikor­sky è esem­plare, il mini­stro degli esteri che è in pre­di­cato per il mede­simo ruolo nell’Unione Euro­pea. Dal cur­ri­cu­lum si apprende che a Oxford era amico di Came­ron, dopo il 1989 ha fatto il con­si­gliere di Mur­doch per gli inve­sti­menti in Polo­nia, negli anni di Bush era un influente mem­bro dell’Ame­ri­can Enter­prise Insti­tute, il think tank dei neo­con­ser­va­tori, e infine come sena­tore del par­la­mento polacco è entrato a pieno titolo nella vita poli­tica del suo paese.

È con lui che Obama discu­terà della crisi ucraina e di come gli altri paesi euro­pei pen­sano più agli affari con la Rus­sia che alle geo­stra­te­gie Usa. Il primo mini­stro Tusk, clone di Sikor­sky, gli pre­sen­terà il pre­si­dente Poro­shenko, appena eletto a Kiev, ma ben noto negli ambienti giu­sti di Washing­ton. Per Obama è l’ennesimo passo sba­gliato in poli­tica estera che que­sta volta ci riguarda. È un errore divi­derci in fedeli e infe­deli, i primi cor­ri­spon­dono ai paesi, fon­da­tori dell’Europa unita, i secondi ai paesi che devono ancora smal­tire l’occupazione nazi­sta e il pas­sato sovie­tico. E che di con­se­guenza non sono in con­so­nanza con l’urgenza di spe­ri­men­tare poli­ti­che euro­pee auto­nome. Obama a Var­sa­via aumenta il rischio che come mini­stro degli esteri dopo una lady inglese, arrivi un pan polacco.



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