In 100 mila mobilitati dai filo russi

In 100 mila mobilitati dai filo russi

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«Mobilitazione generale», altro che negoziati. Alexander Zakharcenko, leader dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk, annuncia che nelle prossime settimane saranno arruolati circa 100 mila miliziani da mandare al fronte contro l’esercito ucraino. Volontari, per ora, che saranno inquadrati in tre brigate di fanteria motorizzata. «Poi vedremo che cosa fare», aggiunge Zakharcenko, lasciando intendere che i filo russi potrebbero arrivare alla coscrizione obbligatoria e generalizzata, come accade nel caso di guerra totale.
I combattimenti sono di nuovo aspri, cruenti. Solo ieri il bollettino diffuso dal «governo» dei ribelli denuncia 11 morti e 42 feriti tra i civili. Il bilancio di Kiev, invece, registra cinque perdite tra i soldati che vanno aggiunte alle otto di due giorni fa. In totale 30 morti in 48 ore. Una striscia di sangue che pare interminabile: si calcola che da marzo 2014 a oggi il conflitto abbia tolto la vita a oltre 5 mila persone.
Sul terreno la situazione militare è molto fluida. Il fronte è in continuo movimento con gli scontri che si accendono all’improvviso lungo una linea a semicerchio est-sud di 260 chilometri: da Luhansk, al confine con la Russia, fino a Mariupol, la città portuale sul mare d’Azov. Negli ultimi due giorni i filo russi hanno lanciato una furibonda offensiva contro Debaltsevo e la vicina Gorlivka. Le due cittadine si trovano a poche decine di chilometri da Donetsk, la capitale del Donbass. L’esercito ucraino le ha riprese scendendo da Slovyansk, nel tentativo di aprirsi la strada verso i due poli della rivolta, Donetsk, verso sud, e Luhansk, verso est.
L’iniziativa dei separatisti ha troncato, ancora una volta, la trattativa internazionale per cercare una via d’uscita politica alla crisi. Non solo. L’armamentario delle milizie ribelli sta mettendo in seria difficoltà le forze di Kiev, smentendo l’orgoglioso proclama del presidente Petro Poroshenko, pronunciato nel Forum di Davos il 21 gennaio 2015: «Non abbiamo bisogno di aiuti militari, ma se mai tecnologici. Abbiamo un grande esercito».
Il campo sta dimostrando che così non è. Specie dopo che la Russia ha ripreso (o forse non ha mai interrotto) le forniture di missili Grad ai battaglioni del Donbass.
Il risultato è una guerra che ormai da mesi attraversa le città. I bombardamenti da una parte e dall’altra colpiscono le abitazioni, le fabbriche, gli impianti che trasportano acqua ed elettricità. A Gorlivka e a Debaltsevo la popolazione ha abbandonato le case, cercando rifugio verso Kharkiv, a nord, oppure riversandosi a Donetsk.
La capitale del bacino carbonifero sembra essere sotto il pieno controllo di Zakharcenko, dopo la conquista dell’aeroporto. Ma i due schieramenti continuano a scambiarsi colpi di artiglieria, specie durante la notte.
Infine si combatte anche a Mariupol, a pochi chilometri dal confine meridionale russo.
Per l’armata di Kiev è vitale mantenere la presa sulla città. Se i pro russi dovessero sfondare si troverebbero davanti un lungo corridoio, al momento sguarnito, fino alla Crimea.
Giuseppe Sarcina


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