Prodi: “Dall’Afghanistan non ci ritiriamo ma serve una conferenza internazionale”

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Intervista del premier al quotidiano “The Hindu” durante il viaggio in India. Bocciata la lettera dei sei ambasciatori: “iniziativa inusuale che ci ha sorpreso”

“Tutti gli indici stanno migliorando in Italia tranne la popolarità del mio governo”

<B>Prodi: “Dall’Afghanistan non ci ritiriamo<br />ma serve una conferenza internazionale”</B>” src=”http://www.repubblica.it/2007/02/sezioni/esteri/afghanistan-13/prodi-intervista/agf_9738745_17080.jpg” width=”200″ /> </font> </p> <p>Romano Prodi</p> </p></div><p><font size=

CHENNAI – “Ho ritirato le truppe dall’Iraq a non lo farò dall’Afghanistan perché considero il background politico diverso”. Così Romano Prodi ha nuovamente confermato l’impegno italiano nella missione Isaf in Afghanistan attraverso una lunga intervista al quotidiano The Hindu, pubblicata all’avvio della sua visita ufficiale in India accompagnato da Emma Bonino, ministro per il commercio estero, e da una delegazione di imprenditori.

Conferenza internazionale per l’Afghanistan. “Ho preso un impegno con le Nazioni Unite e intendo mantenerlo; il nostro sforzo – ha aggiunto – sarà puntato verso gli aiuti umanitari dando grande enfasi al supporto alla popolazione”. Chiarito questo, Prodi ha ribadito la necessità di una Conferenza internazionale pur essendo consapevole che “non può tenersi immediatamente”. “Negli ultimi 5-6 anni abbiamo solo aperto problemi internazionali e non ne abbiamo chiuso nessuno, Palestina, Afghanistan, Iran, Darfour, Somalia e Libano. Non è l’ora di chiuderne qualcuno?”, si è chiesto il premier. “Non è l’ora di tenere una Conferenza internazionale per chiudere in maniera condivisa qualcuno di questi problemi?”.

La lettera dei sei ambasciatori.
Nella lunga intervista, Prodi ha affrontato diversi temi fra cui anche la lettera degli ambasciatori di sei Paesi che hanno truppe in Afghanistan (Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia, Romania e Olanda), esprimendo a questo proposito un giudizio “assolutamente negativo”.


La lettera “è inusuale e siamo restati sorpresi perché – ha spiegato il presidente del Consiglio nell’intervista – non c’era alcun precedente del genere nella tradizione diplomatica. Generalmente con i Paesi che sono i tuoi amici hai conversazioni, salutari scambi di vedute: non lettere aperte per mettere il problema davanti all’opinione pubblica”. Secondo Prodi, infatti “il vero ruolo degli ambasciatori è di risolvere i problemi non di tentare di creare difficoltà politiche”.

Caso Abu Omar, “non cambio la politica del mio predecessore”. “Il mio governo è contro ogni rapimento ma il caso Obu Omar è coperto dal segreto di stato: secondo le leggi queste carte non possono essere rese pubbliche, ed io ho riconfermato questo”. Così il presidente del Consiglio è tornato sul caso dell’imam milanese rapito dagli uomini della Cia, rispondendo ad una domanda dell’intervistatore che gli chiedeva quale fosse la sua posizione sul tema dei rapimenti illegali. “C’è ancora un dibattito su questo – ha proseguito – ma per il momento non ho cambiato la politica del mio predecessore”.

Governo, “buoni i dati ma la mia popolarità è in calo”. “Tutti gli indici stanno migliorando eccetto quello della popolarità del mio governo”, ha detto ancora nell’intervista Romano Prodi. “La disoccupazione sta calando, l’inflazione sta calando, i conti pubblici stanno tornando nei parametri europei; solo la popolarità del mio governo sta calando. Ma questo – ha osservato il premier – è il prezzo che si deve pagare” a fronte di “misure molto forti in termini di liberalizzazioni nel commercio e nelle professioni, con decisioni severe sul debito pubblico e sulla spesa”.

(Repubblica.it, 10 febbraio 2007)

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