Canone Rai, sciopero anti-evasione e sugli incassi il ministero dà  i numeri

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ROMA – I capi dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti della Rai, e i capi dell’Adrai (il sindacato dei dirigenti) ne hanno parlato ieri. Ora che l’evasione del canone Rai tocca i 500 milioni, mentre le crepe del bilancio aziendale rischiano di diventare profonde e permanenti (come denuncia la Corte dei Conti), bisognerà  pure fare qualcosa. Dice Carlo Verna, radiocronista napoletano che guida il sindacato dei giornalisti: «Evasione? Adesso basta. Dobbiamo scioperare, dal primo all’ultimo dipendente». Napoli, dunque. Mentre la squadra di Mazzarri lotta per lo scudetto, Sky e Mediaset Premium hanno il simbolo del dollaro negli occhi (come Paperone nei fumetti Disney). Ad ogni partita degli azzurri, l’Auditel schizza verso l’alto. Solo la gara di Bologna domenica è stata vista alla tv da più di 885 mila tifosi. Dunque i napoletani hanno il televisore e pagano le pay-tv per palpitare dietro Cavani. Eppure 45 famiglie napoletane su cento evadono il canone Rai. E non fanno meglio i siciliani o i calabresi. La rabbia dei dipendenti di Viale Mazzini per questa evasione da capogiro ieri ha conosciuto una fiammata improvvisa. Alle 10 e 23, l’agenzia Ansa batteva la notizia che le entrate da canone erano crollate di un ulteriore 37%, cioè di altri 562 milioni, nel 2011. Tra l’evasione storica (500 milioni persi ogni anno) e questa nuova flessione delle entrate (altri 562 milioni nel 2011, come denunciato dall’Ansa), la Rai si è ritrovata sull’orlo del baratro. «Se i dati fossero veri», dice il consigliere di amministrazione Nino Rizzo Nervo, «dovremmo licenziare centinaia di persone». I dati sono veri, almeno in un certo senso. L’Ansa li ha trovati in un documento ufficiale del Dipartimento delle Finanze (dunque del ministero dell’Economia): è il Bollettino delle Entrate tributarie (gennaio e febbraio 2011). Cinquantasei minuti dopo la nota dell’agenzia Ansa – dimostrando per una volta dei discreti tempi di reazione – la Rai ha urlato al mondo che quei numeri erano una colossale svista del ministero. La tv di Stato ha in mano cifre diverse, ma di fonte qualificata: l’Agenzia delle Entrate. Dicono che i soldi incamerati non sono diminuiti, semmai sono cresciuti. A febbraio 2011, la Rai si è ritrovata in cassa 15 milioni in più rispetto all’anno scorso, e la cifra è salita addirittura a più 20 milioni a marzo. I manager della televisione di Stato motivano questo flusso maggiorato con due elementi. Primo: gli italiani che avevano pagato il canone per il 2010 lo hanno versato anche per il 2011, senza particolari defezioni. Secondo: il canone intanto è anche aumentato di un euro e mezzo (a 110,5 euro) producendo per intero il gettito aggiuntivo immaginato (20 milioni). In questa giornata surreale, il direttore generale della Rai Masi ha messo una pezza peggiore del buco. In una nota, ha prima negato ogni «contrasto» tra i dati della tv di Stato e quelli del ministero, prima di ammettere che sono in cassa 20 milioni in più (e non 562 milioni meno, come scrive il ministero). Già , il ministero. Sarà  che ormai si è fatto venerdì pomeriggio, ma quelli dell’Economia non aggiungono una parola. Non spiegano perché hanno scritto di questi 562 milioni smarriti. Non precisano se il dato sia il frutto di un diverso criterio di calcolo o di una svista da scuola elementare. Ma soprattutto: avesse sbagliato con un’altra emittente, avesse fornito numeri controversi su Mediaset, il ministero se ne sarebbe rimasto zitto in tanta bufera?


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