Ma il popolo giapponese non ha perso la speranza

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Ho l’impressione che chi è in prima linea in questa catastrofe, i tecnici della Tepco e gli addetti alla protezione civile, stiano facendo tutto il possibile, anche se continuano a essere oggetto di critiche. Al momento del terremoto ero in macchina a Tokyo. La mia autovettura è stata sballottata dal sisma, mi sono subito resa conto che stava accadendo qualcosa di grave. Vedevo molta gente uscire dagli edifici, anche se, stranamente, tutti mantenevano la calma. Tutto sommato, a parte la grande paura e qualche piccolo danno nelle case, credo che a Tokyo non sia accaduto nulla di più grave. Ho invitato a casa mia i colleghi del mio ufficio che non potevano rientrare; e ho incominciato a sentire le notizie alla tv. Vedendo le tragiche immagini dello tsunami mi sono resa conto che le vittime dovevano essere moltissime. Ho pensato che davanti a una tragedia di questa portata non è bene tenere la TV sempre accesa, oltre al tempo indispensabile per tenersi informati. Rivedendo di continuo quelle tragiche immagini si prova un senso di colpe e di impotenza. Che fa male, soprattutto ai bambini. Nei primi giorni dopo il terremoto ero molto tesa, soprattutto a causa della situazione estremamente grave della centrale nucleare; ora però sono un po’ più tranquilla. Abbiamo avuto qualche problema di approvvigionamento, dato che molti hanno cercato di acquistare grandi quantità  di generi di prima necessità . Ma poi anche in questo campo è tornata la calma. Solo la benzina è ancora difficile da trovare. La grandezza del popolo giapponese si è manifestata nella risposta all’appello del governo per il risparmio energetico. Ora la città  è al buio, ma si sentiamo meno oppressi dal senso di impotenza. Persino nel quartiere di Shibuya, abitualmente sfolgorante di luci (peraltro non necessarie) l’illuminazione ora è più discreta. Credo che questa sia un’esperienza importante per tutti. Forse a qualcuno sembrerò sacrilega, ma voglio dire che pur non cessando di pensare alle vittime e di piangere per loro, abbiamo bisogno di speranza per vivere. In questi momenti così difficili, la cosa più importante è aver vicini i nostri cari – vederli, sederci a tavola con loro. La sera in cui tutti si sono tappati in casa ho deciso di andare a cena fuori con i miei familiari e amici. Ricorderò per il resto della mia vita la sala del ristorante immersa nella semioscurità  – per risparmiare energia – e i sorrisi scambiati con gli altri avventori. Senza alcun dubbio, amore e amicizia sono la nostra speranza. Penso che il compito di uno scrittore sia quello di esprimerla, questa speranza – non in forma irrazionale, ma con fondamento e metodo. Ed essere così di aiuto ad altri, perché possano immergersi nella parte più preziosa e libera del proprio cuore. Da piccola mi piacevano i film di Dario Argento, che ho rivisto molte volte. Le immagini dei momenti di paura vissuti nell’isolamento mi hanno poi aiutata a vivere nella realtà  quella stessa esperienza. Il mio cuore non si è piegato. L’arte è una forza reale. Anche riceveremo molte informazioni incerte, io continuerò a scrivere romanzi, osservando con più calma il mondo. Come giapponese, mi sento orgogliosa nel vedere che quasi tutti i miei conterranei danno prova di gentilezza, disponibilità  all’aiuto reciproco, capacità  di pensare positivamente. © 2011 Banana Yoshimoto. Prima pubblicazione El Paìs Traduzione Elisabetta Horvat


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