Gli scienziati si sfidano sulla complessità 

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I ricercatori del Children’s Hospital di Boston non riuscivano a darsi una spiegazione. Da qualche tempo, gli accessi al pronto soccorso registravano un notevole calo, concentrato soprattutto in alcune giornate. Poi un ricercatore ebbe un’intuizione guardando una partita di baseball: quell’anno i Boston Red Sox avevano ripreso a vincere. Controllò il calendario delle partite e scoprì che le visite al pronto soccorso diminuivano sistematicamente in occasione delle partite della squadra. Non solo: più una partita era importante e i relativi ascolti televisivi aumentavano, più gli accessi al pronto soccorso diminuivano. I ragazzi incollati davanti al televisore correvano minori rischi di farsi male, e chi soffriva di piccoli disturbi era più portato a tollerarli o rimandare l’intervento medico. Un fenomeno molto simile è documentato per i bambini in occasione dell’uscita di una nuova avventura di Harry Potter: nelle giornate immediatamente successive, il Radcliffe Hospital di Oxford registrava un crollo degli infortuni infantili.
Sono alcuni degli esempi con cui lo studioso delle reti Albert-Là¡szlà³ Barabà¡si affronta, nel suo ultimo libro Lampi. La trama nascosta che guida la nostra vita (Einaudi), una nota questione: si può prevedere il comportamento umano? «Di fatto» si chiese nel 1948 Karl Popper «possiamo prevedere le eclissi solari con un elevato livello di precisione e con largo anticipo. Perché non dovremmo essere in grado di prevedere le rivoluzioni?». Ma la sua risposta fu categoricamente negativa. Per Popper, le previsioni erano possibili per sistemi stazionari, ripetitivi e relativamente isolati dall’esterno – e questo non è il caso del comportamento umano e dei processi sociali.
Barabà¡si è convinto che questa partita debba essere ora riaperta. La sua convinzione è che la sfida sia stata sin qui persa non per «un problema di metodo, bensì di dati». È questa, secondo lui, la novità  del XXI secolo: l’enorme quantità  di dati e la possibilità  di elaborarli in modo sempre più sofisticato. Dati che permettono di tracciare le nostre ricerche sul web, le nostre telefonate, i nostri spostamenti sotto gli occhi di telecamere sempre più ubique, perfino i movimenti delle banconote nelle nostre tasche grazie a siti come wheresgeorge.com (in cui numerosi volontari registrano gli “avvistamenti” di banconote sul web attraverso i numeri di serie).
Così l’autore ci conduce in una variegata esplorazione nel tempo e nello spazio, passando con disinvoltura dall’annus mirabilis di Einstein alle disavventure di un artista contemporaneo che per fugare i sospetti del’FBI sui suoi movimenti ha deciso di documentarli giorno per giorno in un sito web che è diventato la sua opera principale.
Ad incombere sul libro è una sorta di duello intellettuale a distanza con il (mai citato) Cigno Nero di Nassim Taleb e la sua critica di gran parte della tradizione previsionale. Taleb ci ammonisce a «non guadare un fiume se la sua profondità  media è di un metro e mezzo», giacché, come nell’attraversamento di un fiume, in numerosi ambiti del comportamento sociale non valgono le medie, le stime e le aspettative ragionevoli, ma i casi e i valori estremi, per quanto eccezionali. Barabà¡si, più ottimisticamente, ritiene che l’inedita – e come lui stesso riconosce, inquietante – disponibilità  di dati ci apra oggi una possibilità  di considerare i comportamenti sociali «prevedibilmente imprevedibili»; di scoprirne la trama nascosta sotto l’apparente casualità . E come nel “triplice duello” de Il buono, il brutto e il cattivo, entrambi hanno un “nemico comune”: l’abuso di curve di Gauss e distribuzioni di Poisson che ci illude sulla possibilità  di previsioni semplici e di comportamenti uniformi.
Un duello che richiama discussioni tornate vivaci anche in ambito fisico ed epistemologico. Recentemente la rivista New Scientist ha dedicato la copertina alla “fine dell’indeterminazione”, chiedendosi se sia giunto il momento di dire “addio a Heisenberg” e al suo celebre principio. La sfida arriverebbe oggi da un’ipotesi del fisico di Zurigo Mario Berta, già  surrogata da alcuni lavori sperimentali e legata ad effetti quantistici che implicano correlazioni tra due particelle, per quanto distanziate. Altri studiosi, più cauti, considerano queste correlazioni e l’indeterminazione come “facce diverse della stessa medaglia”.
Almeno due aspetti centrali sembrano però sfuggire completamente a Barabà¡si.
In primo luogo la possibilità  che questo “diluvio di dati” possa risultare di scarsa utilità , se non addirittura pernicioso, in assenza di solidi modelli interpretativi e di un corrispondente sviluppo concettuale.
D’altra parte, né lui né Taleb si interrogano a sufficienza sul perché le nostre società  abbiano sviluppato una sorta di cecità  selettiva che le porta a ignorare eventi estremi o difficilmente prevedibili. Eppure la storia della “farfalla di Lorenz”, che pure è citata in Lampi, è estremamente istruttiva. Ciò che l’articolo originale (1963) del teorico del caos Edward Lorenz sottolineava è la sensibilità  di un sistema, nel lungo periodo, a piccole variazioni nelle condizioni iniziali – da cui, come corollario, la difficoltà  di ottenere modelli previsionali soddisfacenti. La cultura popolare l’ha interpretata tuttavia in un senso deterministico diametralmente opposto, come capacità  di tracciare connessioni impercettibili a grande distanza e perfino di alterare opportunamente il corso degli eventi – vedi film quali Sliding Doors o lo stesso The Butterfly Effect.
Può dunque una delle nostre tracce digitali raccolte da Barabà¡si cambiare la nostra interpretazione della storia? Può una farfalla causare un tornado? «Ancora oggi, non sono sicuro di quale sia la risposta» commentò Lorenz nel 2008, poco prima della sua scomparsa.


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