La notte bianca dei blogger “Vogliono oscurare Internet”

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ROMA – Attenzione a quello che mettete nel vostro blog, nel vostro sito, attenzione ai link che segnalate su Twitter o agli spezzoni di canzoni o di film che rilanciate su Facebook. Tra qualche giorno potreste essere considerati pirati e i vostri siti oscurati. L’Agcom discuterà  e potrebbe approvare domani una delibera con la quale istituire una procedura veloce e amministrativa per consentire la rimozione dai siti web di contenuti in forme che violano la legge sul diritto d’autore. Secondo la delibera l’Autorità  potrebbe intervenire sia erogando sanzioni pecuniarie, sia ordinando ai provider di oscurare i siti web in modo da renderli irraggiungibili, il tutto senza alcun coinvolgimento del sistema giudiziario. Se la delibera verrà  approvata, i titolari dei diritti di un contenuto audiovisivo che riscontrano una violazione del loro copyright su un qualunque sito (senza distinzione tra portali, banche dati, siti privati, blog, a scopo di lucro, social network, associazioni educative o altro) può chiederne la rimozione al gestore. Il quale «se la richiesta apparisse fondata», avrebbe 48 ore per intervenire.
Da molti giorni il mondo della Rete si è mosso organizzando innumerevoli proteste contro quello che viene visto come uno strumento che, con l’obiettivo di combattere la pirateria on line, si potrà  trasformare in un’arma censoria o, addirittura, in una forma di controllo politico su siti ritenuti “scomodi”. E la fretta con la quale l’Agcom sta operando rende lecito pensare che siano state pressioni da parte del governo a far muovere l’Autorità  usando la leva del copyright per mettere il bavaglio alla rete. Timori che hanno spinto ad intervenire anche personalità  politiche e istituzionali, a cominciare dal presidente della Camera Gianfranco Fini, che ha sottolineato che «la protezione del diritto d’autore è fondamentale per una società  sempre più basata sulla conoscenza e sulla proprietà  intellettuale, ma lo altrettanto è la tutela della piena libertà  della Rete». Anche il segretario del Pd Bersani è intervenuto, chiedendo all’Agcom di fermarsi, consentendo una riflessione più ampia: «La libertà  della rete è ossigeno vitale per le nostre democrazie, in particolar modo nel nostro Paese catalogato delle agenzie internazionali agli ultimi posti quanto a libertà  e pluralismo dell’informazione e gravato da un conflitto d’interessi esasperante». Se tutta l’opposizione si schiera contro il provvedimento (da Di Pietro a Vendola), dubbi affiorano anche nella maggioranza, a cominciare dal ministro Giorgia Meloni.
A difesa dell’Agcom si sono schierati i rappresentanti degli autori e delle industrie dello spettacolo, soprattutto l’industria discografica, da anni vittima della pirateria. Esigenza condivisa anche dagli autori cinematografici che fanno parte dell’associazione 100 autori che sottolinea come sia «preoccupante l’esistenza di manovre che puntano a confondere la libertà  d’accesso alla rete con l’esigenza di tutelare il diritto d’autore, a tutto vantaggio di quei soggetti che lucrano su cinema, televisione e documentario, nascondendo i loro profitti miliardari dietro la bandiera della difesa della libera circolazione delle opere».
Ed è proprio questo il punto. Perché una delibera che, a detta dei promotori, andrà  a colpire solo i siti e i contenuti pubblicati senza rispettare il copyright, viene accusata da tanti esperti di essere una forma di censura di Internet? A mettere a rischio la libertà  d’espressione e di accesso non sono tanto i motivi, legittimi, della delibera, quanto le modalità  d’attuazione. I critici sottolineano che l’Agcom non avrà  il tempo e il modo di vagliare le segnalazioni, avendo risorse limitate, il che farà  scattare automaticamente le sanzioni. Poi c’è il rischio, fortissimo, della confusione tra la pirateria e l’uso legittimo o accettabile di alcuni contenuti, che rischia di far oscurare siti che con la pirateria non hanno nulla a che vedere.


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Sono giornalista dal 1980, ho avuto buoni maestri. Fanno parte della mia storia professionale che oggi mi ha portato a dirigere un giornale scritto dai detenuti. Ma ora a distanza di anni e di fronte al «caso Sallusti» mi rendo conto di quanto ci sarebbe ancora bisogno delle lezioni di chi ci spiegava che il giornalista ricerca la verità  e non manipola i fatti a uso e consumo di una o di un’altra parte politica.

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