Sesto, nuovo “tesoretto” in contanti a casa dell’architetto-intermediario

Loading

MILANO – Dopo gli 11mila euro in casa dell’ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati e i 20 mila nello studio dell’architetto Marco Magni, 43 mila euro sono stati sequestrati nell’abitazione dell’architetto Renato Sarno, uno dei venti indagati nell’inchiesta sul “Sistema Sesto”.
Sarno, secondo l’ipotesi dei pm Walter Mapelli e Franca Macchia, sarebbe protagonista della famosa finta caparra che, secondo l’accusa, sarebbe una tangente mascherata: nel novembre del 2008, con una compravendita immobiliare vengono liquidati a Piero Di Caterina, uno dei grandi accusatori di Penati, due milioni di euro come caparra (generosissima) di una compravendita che non viene, però, conclusa tra lo stesso Di Caterina e Bruno Binasco, manager del gruppo Gavio. Sarno, vicino a Penati, sarebbe stato incaricato proprio da Binasco e avrebbe agito a favore di Filippo Penati – i due professionisti sono indagati per finanziamento illecito – perché l’ex presidente della Provincia era pressato da Di Caterina che voleva rientrare, a suo dire, dei tanti soldi pagati al politico. «Dal 1999 – ha scritto in una mail dell’aprile 2010 Di Caterina a Penati e Binasco – ho versato a vario titolo, attraverso dazioni di denaro a Filippo Penati notevoli somme» di cui «il sottoscritto ha cercato di tornare in possesso ma salvo marginali versamenti, senza successo». L’avvocato Giovanni Briola, difensore di Sarno, allontana i sospetti: «Nulla di misterioso, quei soldi servivano per un preliminare per l’acquisto di una barca e di un posto auto».
Proprio durante la perquisizione da Sarno, il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza aveva trovato un file denominato “Documento finanziamento sig. Penati” nella memoria di un pc, ora al vaglio degli inquirenti. Ma anche cartelline con dentro «varia documentazione» di colore blu o azzurro denominate «Caltagirone», «Torri Sesto S. G. Soc. Pace (Intini)», «H. S. R. San Raffaele», «Serravalle» e «287 Penati Rev.1 Rev.2», «287 Penati Di Martino Rev.1 aggiornamento Asl», «287 Penati Di Martino».
Renato Sarno – conosciuto per il nuovo ospedale San Raffaele e la ristrutturazione della sede dell’Onu di New York – avrebbe avuto un ruolo tecnico nel preliminare di compravendita immobiliare tra Binasco e Di Caterina. Secondo l’accusa, la restituzione dei due milioni di euro a Di Caterina da parte di un manager del gruppo Gavio del livello di Bruno Binasco per conto di Filippo Penati, rafforza i tanti dubbi su un’operazione giudicata «anomala» dalla procura come la vendita del pacchetto azionario dell’Autostrada Serravalle alla Provincia, una valutazione che garantì a Gavio una plusvalenza di 179 milioni di euro, in parte utilizzata nella scalata Unipol. Perché Binasco – è l’interrogativo della procura – si presta a un’operazione che consegna a Di Caterina due milioni? Proprio sui rapporti tra il gruppo privato, Penati, e gli uomini del “Sistema Sesto” si concentrano ora le indagini della procura di Monza, che sta approfondendo il ruolo di Giordano Vimercati. Sia Giuseppe Pasini che l’altro imprenditore Diego Cotti lo hanno indicato in procura come «il vero tramite» tra le cooperative e le imprese. Proprio Cotti ha riportato in procura le parole ascoltate da Vimercati: «Pasini compera i terreni grazie a noi, perché siamo noi i mediatori in questi affari – avrebbe detto l’ex capo gabinetto in Provincia – . I soldi servono a Penati per avere un ruolo più importante nel partito».


Related Articles

Monti aspetta il Quirinale «Sereno, ho fatto il mio dovere»

Loading

 E su Passera dice: a tutti capita una battuta più o meno felice

Il Pd infastidito dalle condizioni di Monti

Loading

ROMA — Il «no» di Monti al voto disgiunto in Lombardia era largamente atteso nel Partito democratico. Nessuno si faceva illusioni a proposito. Così come tutti davano per scontata l’irritazione del premier di fronte al pressing del centrosinistra per convincere una fetta di moderati ad abbandonare Gabriele Albertini per indicare Umberto Ambrosoli: «Questa è tutta un’operazione messa in atto dal Pd per tentare di dividerci», si è lamentato il Professore con i suoi.

MONTI BIS Un’agenda al Quirinale

Loading

Potrebbe essere un bis mai visto. Un caso illogico di ripetizione dell’inedito. Il Monti 2 non si sistemerebbe più a palazzo Chigi, ma al Quirinale. E da lì confermerebbe tutte le politiche rigoriste per dare all’Europa e ai mercati ogni rassicurazione richiesta. La continuità  insomma, con altri mezzi e da un altro palazzo. Il trasloco del professore consentirebbe di giocare alle elezioni, liberando la sedia per il vincitore. Non l’agenda. Quella sarebbe garantita dal nuovo presidente della Repubblica, erede designato di re Giorgio. Nominato per completarne l’opera.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment