“Il mio omaggio alle donne spero che cambino il mondo”

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Lo sciopero del sesso per cambiare la società . Ad applicare la strategia Lisistrata sono state le abitanti di un piccolo villaggio turco, nel 2001. Il regista Radu Mihaileanu ha letto la storia nel trafiletto di un giornale e l’ha trasportato al cinema, facendone l’emblema di quella primavera araba che ha visto le donne protagoniste. «Fin dalla notte dei tempi in questo piccolo villaggio le donne andavano a prendere l’acqua alla sorgente in cima a una montagna e la portavano su secchi pesanti. Alcune di loro, incinte, avevano perso il bambino. Un giorno hanno iniziato uno sciopero dell’amore per convincere gli uomini a costruire una rete idrica». Mihaileanu, una massa di capelli crespi, mani sottili sempre in movimento, quasi si giustifica: «essendo uomo, ebreo e francese all’inizio non mi sentivo legittimato a parlare di una cultura che conoscevo poco. Ho cercato una regista di origine araba a cui affidare il progetto e poi, non trovandola, mi sono convinto a girare il film, dopo un profondo lavoro di documentazione». Il risultato è La sorgente dell’amore, favola femminista presentata in concorso all’ultimo Cannes, in sala da venerdì (per Bim).
Questo film è stato concepito prima della primavera araba.
«Ancora mi chiedo perché, nel 2006, ho voluto trattare questo argomento, quando mi proponevano invece grosse produzioni. Sentivo già  che nel mondo arabo qualcosa stava per cambiare, provavo ansia per quel fondamentalismo con cui tutte le società  sono costrette a relazionarsi. È cresciuto, in parallelo alla crisi economica e al crollo delle ideologie. Perché, crollati i sistemi sociali, è rimasto uno spazio vuoto, quello della spiritualità  laica. In quello spazio si sono inserite le politiche superficiali incarnate da Berlusconi, Bush, Putin. La mia speranza è che siano le donne a promuovere la nascita di un nuovo ciclo. Sono le grandi vittime di questi tempi, perciò desiderose di riscatto e nuove strade».
E’ già  finita la primavera per le donne arabe?
«Ho vissuto un periodo nei paesi arabi. Le rivoluzioni sono nate per esigenza di democrazia. Le donne sono state tra le prime a scendere in strada, poi sono state messe in disparte. Le dittature sono state abbattute, ma non è chiaro quali poteri le abbiano sostituite e quale ruolo avranno le donne in queste nuove società . Le donne sono il barometro della democrazia. La rivolta in Siria l’hanno promossa due donne, che ora sono scomparse. In Egitto sono state messe a tacere. Solo in Tunisia hanno mantenuto un certo potere, cosa che fa sperare in un futuro più democratico».
Il suo film Il concerto esplorava la figura del padre, stavolta invece ha scelto la figura femminile.
«Il concerto raccontava l’importanza della figura paterna personale e sociale, e il rapporto tra individuo e società , alla ricerca dell’armonia che avviene il tra solista e l’orchestra. In Vai e vivi al centro c’era la madre, non solo del figlio ma del mondo. Stavolta racconto la solidarietà  delle donne che può cambiare il mondo. Donne che smettono di amare per trovare nuova forma di amore». 
Nei suoi film i deboli vincono sui più forti.
«Da bambino il mio idolo è stato Chaplin. La domenica mattina, in Romania andavo a vedere le comiche di Stanlio e Ollio, e Chaplin. Mi piaceva il fatto che tutti ridessero. E soprattutto che il piccolo arrivasse a vincere sul grande, che gli fosse data la possibilità  di farcela. Ho iniziato a studiare da mimo proprio perché volevo essere Chaplin. Amavo il teatro».
Il cinema?
«È arrivato dopo. In Romania avevo una compagnia teatrale illegale che metteva in scena un testo su Ceausescu. Quando la polizia ha iniziato a indagare su di me sono fuggito, via Israele, in Francia. Qui non c’erano scuole di teatro, solo di cinema. Ho vinto una borsa di studio senza aver mai scattato una fotografia. A scuola mi sono innamorato del primo piano, ho iniziato a fare il cinema. Ma sogno di tornare, un giorno, al teatro».


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