La linea del governatore «Case sfitte ai terremotati»

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MARZAGLIA (Modena) — Qui non passa il «modello dell’Aquila». Niente new town o casette prefabbricate per dare un tetto agli sfollati. La strada scelta è quella di pescare nel grande mare degli immobili sfitti per togliere al più presto dalla precarietà  le 17 mila persone alle quali la doppia scossa del 20 e del 29 maggio ha reso inagibili le abitazioni. Un’idea che il presidente dell’Emilia-Romagna, il pd Vasco Errani, sta soppesando da giorni e che ieri ha reso pubblica, pur consapevole della delicatezza del tema. «La prima cosa da fare — ha detto il governatore durante l’incontro a Marzaglia con i tre leader sindacali, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti — è avere l’esatto numero delle case danneggiate. Poi scatterà  la fase due: trovare una soluzione dignitosa e di qualità  per la popolazione. L’idea, se ci sono le condizioni, è quella di utilizzare il patrimonio immobiliare sfitto, di cui stiamo già  facendo un censimento».
Un mare magnum, le abitazioni non affittate, di cui spesso non si conosce l’entità  e il cui utilizzo, trattandosi di proprietà  privata, va affrontato con i guanti di velluto. Solo a Bologna, secondo dati recenti della Confabitare, «esistono 7 mila appartamenti sfitti, che diventano 21 mila nell’intera provincia» ha affermato il presidente Alberto Zanni, invitando i proprietari a mettere a disposizione le case vuote: «Basterebbero per tutti gli sfollati». Nessuna imposizione, ovviamente: «Si tratterebbe — precisa il presidente Errani — di arrivare a un accordo con i titolari di immobili e di fissare un prezzo calmierato. Tutto nella logica di uno stretto coinvolgimento con le popolazioni e i loro amministratori». I tempi dell’operazione, sempre che il terremoto conceda una tregua (una ventina di scosse ieri, la più alta di 3.5 verso l’una di notte), potrebbero essere accettabili: «Qualche settimana — ancora Errani — per censire le case inagibili e intanto quantificare quelle sfitte e disponibili».
Ma il problema sfollati è solo una delle emergenze di una ricostruzione che potrà  contare su 2,5 miliardi del governo in due anni e che resta concentrata sull’assistenza alle persone: «Siamo ancora in una fase acuta di emergenza, ci vuole prudenza prima di tornare nelle case» ha affermato Franco Gabrielli, a capo dei 4 mila volontari della Protezione civile. Altra priorità  sono le imprese, che hanno urgenza di ripartire per fronteggiare le richieste del mercato e tutelare gli organici. Due le strategie. La prima riguarda la riapertura dei capannoni, simbolo di questa tragedia: quelli che non hanno subito danni potranno ripartire in tempi brevissimi (un decreto firmato da Gabrielli semplifica l’iter per l’agibilità ); per le altre, è stata concordata tra imprenditori e sindacati una sorta di «delocalizzazione locale» che consenta di trasferirsi di pochi chilometri e per un tempo limitato in fabbricati sfitti. Sperando basti a chi medita di lasciare per sempre queste terre.


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