Grillo al governo E la Rete diventa l’Inquisizione 2.0

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Cronache di poveri amanti a 5 Stelle. Le racconta Vincenzo Latronico nel romanzo breve La mentalità  dell’alveare (Bompiani, da oggi in libreria), dove immagina l’Italia di domani governata dai grillini di oggi. Chiamati «calabroni» dagli odiati giornalisti, perché il loro capo è Pino Calabrò, l’ex conduttore televisivo de L’Ape, una trasmissione in difesa dei consumatori. Cacciato dalla tv, s’è preso la sua rivincita attraverso il blog l’Alveare, dove prima fustiga la classe politica e poi lancia la Rete dei Volenterosi, un movimento di cittadini che vince le elezioni (tra loro si chiamano «colleghi»; «militanti» e «compagni» non è abbastanza neutro).
Pino Calabrò regna nell’ombra. Da una villa a Rapallo «molto più modesta di quanto si sarebbe potuto permettere», dove pratica yoga accucciato come un «babbuino». Del blog e della Rete ha un uso proprietario e autoritario, governando il caos attraverso mail che pubblica come encicliche papali e uno studiato gioco dei portavoce-moderatori; oltre ad alcuni meccanismi informatici e le vecchie telefonate off-line. Il suo stile è violentemente comico, con battute zombie tipo: «Dobbiamo passare sui vostri corpi? Così facile? Siete già  morti!»; o machiste: «Questa cittadina ha due palle così!».
Il calco è così fedele da creare un cortocircuito curioso. Grillo probabilmente non verrà  al Salone del libro di Torino, il cui direttore Ernesto Ferrero ha dichiarato non gradita la presenza di «pifferai magici e burattinai digitali» come lui; ma il suo fantasma letterario ci sarà  eccome, in carta e spirito, allo stand Bompiani e agli incontri con Latronico, in particolare quello sulla democrazia digitale.
I protagonisti del romanzo sono una coppia di giovani sposi, Leonardo e Camilla. Ricercatore di economia lui, laureata in legge impegnata nel sociale lei. Leonardo ha trovato un modo legale per aggirare la legge anti-pignoramento della prima casa, voluta dal governo della Rete, che ha spinto le banche a alzare i tassi di interesse dei mutui; l’altro motore del romanzo è l’ambizione politica di Camilla, militante della Rete dalla prima ora. L’amore, va da sé, rischierà  di andare fuori giri, anche perché la coppia vive i propri alti e bassi in totale simbiosi con l’Alveare.
Il tempo del romanzo è un futuro imminente, concentrato tra il giugno 2013 e il 2015. Latronico (classe 1984) lo sceglie per testare il modello di democrazia diretta e digitale, orizzontale e trasparente proposto dai grillini (su cui si dichiara pessimista nella prefazione). Da un lato mette a nudo l’infelicità  della decrescita imposta con tagli dall’alto ai redditi di chi svolge qualsiasi ruolo pubblico; dall’altro smaschera l’Inquisizione 2.0 del web dove inquisiti e inquisitori si scambiano di ruolo nell’illusione d’essere liberi di sceglierlo (c’è chi vota contro le sue stesse proposte e chi reputa giusto esser fatto fuori).
La lingua di Latronico, rispetto alle precedenti prove narrative, qui è piana, dotata di una semplicità  funzionale ad esercitare una forte presa sul nostro tempo presente e agevolare la resa cronologica del vasto materiale pseudo-epistolare del romanzo, derivato dalla comunicazione liquida in cui sono immersi i personaggi: sms, telefonate, mail e post che esaltano la nuova dinamica chimica dei rapporti umani, condotti sempre più attraverso il silicio, elemento basilare dell’informatica e dell’elettronica.
In senso ermeneutico, d’altronde, un personaggio del romanzo è anche l’articolo che Leonardo scrive con qualche ingenuità  di troppo per il «Guardian» (sui «pozzi di libero mercato» nelle economie pianificate) e viene manipolato, prima ancora che dal sistema d’informazione mainstream, da chi nella Rete è ostile alla coppia; per poi diventare, come in certi racconti russi, da starnuto a tempesta.
La storia di Leonardo e Camilla, in fondo, dimostra come il web possa diventare, in poco tempo, da strumento di pescatori ad arma da gladiatori. La Rete non migliora le persone, ma ne lega e spesso nega, soffocandoli, i destini.
Qual è la mentalità  dell’Alveare? Ognuno, godendo dell’ambiguità  della finzione letteraria, può farsene un’idea propria. O rafforzare quella che dell’umanità  aveva William Golding, l’autore de Il Signore delle mosche (1954), storia di ragazzini naufraghi che ricreano su un’isola deserta le storture della società  degli adulti: «L’uomo produce il male come le api producono il miele».


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