Austria. Elezioni anticipate dopo il video scandalo di Strache che terremota il governo

Austria. Elezioni anticipate dopo il video scandalo di Strache che terremota il governo

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Vienna. Sembrava stabilissimo, il governo di Sebastian Kurz con l’ultradestra, mai un litigio, un armonia costantemente esibita vigilata da un rigido message controll. Invece ieri è iniziato il crollo, pezzo per pezzo. La leva un video fortemente compromettente frutto di un imboscata di altissima professionalità. Prima le dimissioni del vicecancelliere e capo della Fpoe Heinz Christian Strache, da 15 anni suo uomo forte, e del capogruppo parlamentare Johann Gudenus, il numero due, da tutti gli incarichi e funzioni anche di partito. «Fpoe am Ende!», la Fpoe è finita, titolava ieri il tabloid Kronenzeitung, che nei piani di Strache doveva finire totalmente asservito al suo partito. Con la crisi in atto Harald Vilimsky capolista Fpoe all’europarlamento, tra i protagonisti della formazione dell’internazionale sovranista nera, ha preferito farsi sostituire al meeting di Salvini a Milano dal collega meno noto Georg Mayer. È un’ombra sull’ultradestra europea, nella bufera è finito un partito che dai tempi dei grandi successi elettorali di Joerg Haider era stato a lungo il suo modello.

Alle 8 di ieri sera è arrivato l’atteso verdetto del cancelliere Sebastian Kurz del partito popolare (Oevp): fine, il governo è caduto dopo un anno è mezzo, «nuove elezioni al più presto possibile», «genug ist genug», quando è troppo è troppo, «vorrei governare in futuro senza casi singoli, incidenti e scandali» ha detto Kurz. Stupisce che abbia potuto starci così a lungo. I cosiddetti «casi singoli» in realtà sono diventati casi costanti, di legami della Fpoe con l’area neonazista, tra i più imbarazzanti quelli con il gruppo Identitaeren che a sua volta ha avuto legami con l’attentatore di Christchurch. Lo scandalo poi dei servizi segreti interni oggetto di perquisizione e sequestro commissionati del ministro degli interni Kickl da allora ritenuti non più affidabili dai servizi occidentali.

«Il posto di questo partito non può essere dentro un governo», commenta il quotidiano viennese Der standard, «chi si mette insieme con la Fpoe ottiene estremismo di destra, autoritarismo e corruzione, e in più incompetenza abissale. Sebastian Kurz lo doveva sapere, ma l’ha messo da parte, forse confidando nelle sue capacità di addomesticare la Fpoe. Non ha saputo farlo, conducendo se stesso, il suo partito popolare e l’Austria nella madre di tutte le crisi». La bomba Strache è scoppiata venerdì sera a ciel sereno, innescata da un video pubblicato dai giornali tedeschi Sueddeutsche Zeitung e Der Spiegel ai quali era stato recapitato. Girato di nascosto, da chi è ancora un giallo, il video risale al 2017, vigilia delle elezioni politiche in Austria: si vedono Strache e Gudenus in una villa a Ibiza dove erano stati invitati dalla presunta nipote di un oligarca russo rivelatasi un’adescatrice. Si è spacciata per Ilona Makarova, nipote del milliardario del gas Igor Makarov. Nell’incontro, durato 7 ore, Strache prometteva appalti pubblici a investitori russi in cambio di finanziamenti alla sua imminente campagna elettorale, spiegando in dettaglio come aggirare la legge. «Abbiamo alcune persone molto facoltose che donano tra 500mila e 2 milioni, non li pagano al partito ma a un’associazione di bene comune che non è controllata dalla Corte dei conti» spiega Strache tradotto in russo da Gudenus, l’uomo dei contatti con la Russia e i Balcani. In cambio del sostegno, il sovranista Strache, in pieno delirio di onnipotenza, è disposto a privatizzare e vendere mezzo paese. «Possiamo parlare di qualunque cosa» risponde Strache alle domande della donna russa sulle contropartite. Vuole investire in Austria un quarto di miliardo in nero, ribadisce la finta Makarova, no problem, acquistare una quota del quotidiano Kronenzeitung, il più diffuso giornale austriaco, in proporzione più grande della Bild tedesca. «Se la gestione passasse a lei – dice Strache nel video – dobbiamo fare un discorso chiaro, ci sono nella Krone tre, quattro giornalisti da cacciare, altri tre quattro bisogna portarli alla ribalta, e altri cinque nuovi devono entrare, questo è il deal. Se abbiamo prima delle elezioni il pushing di questo giornale al posto del 27% arriviamo al 34%». Il modello da imitare per i media austriaci, dice ancora, è Orbán. E in effetti c’erano già delle avvisaglie: in una recente intervista all’Orf, la televisione di stato, il capolista alle europee Vilimsky messo in difficoltà dall’intervistatore Armin Wolf, ha minacciato in diretta di volere il suo licenziamento.

* Fonte: Angela Mayr, IL MANIFESTO

photo: Christian Jansky [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]



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