Cile. Si rivota per la Costituente, ma è un insulto alla democrazia

Cile. Si rivota per la Costituente, ma è un insulto alla democrazia

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Progetto nel segno delle oligarchie, plurinazionalità addio. Solo la destra in campo. E la linea Boric, cambiamenti «nella misura del possibile», non piace a movimenti e sinistre

 

Un’aberrazione, una farsa, un insulto alla democrazia: questi e molti altri, tutti dello stesso tenore, i termini utilizzati dalle forze di sinistra in Cile per descrivere il processo costituente di cui le elezioni di oggi segneranno una nuova tappa, dopo la clamorosa bocciatura della nuova Costituzione al referendum del 4 settembre 2022.
E che ci si trovi in effetti davanti a una grottesca caricatura della democrazia non potrebbe essere più evidente: i 50 membri del Consiglio costituzionale che saranno scelti oggi con voto obbligatorio – sulla base di liste composte esclusivamente da partiti e secondo le stesse regole pro-oligarchiche delle elezioni dei senatori – non avranno di fatto alcuna voce in capitolo.

QUELLO CHE FARANNO SARÀ appena discutere e approvare la bozza a cui sta lavorando dal 6 marzo la commissione di 24 «esperti» designati da un Congresso privo di qualsiasi credibilità, sotto la guida dell’avvocata del centro-sinistra Verónica Undurraga, affiancata da un costituzionalista vicino all’ex presidente Piñera, Sebastián Soto. E se per introdurre un qualsiasi cambiamento nel testo elaborato dagli «esperti» il Consiglio avrà bisogno di un quorum addirittura del 60%, sarà una Commissione mista costituita da sei consiglieri e sei esperti a decidere il destino delle norme in conflitto: quelle non approvate dai 3/5 dei consiglieri, né respinte dai 2/3.

Ma perché nulla – ma proprio nulla – sfugga al controllo dell’oligarchia, c’è anche un Comitato tecnico di ammissibilità, entrato in funzione sempre il 6 marzo e composto da altri 14 esperti, che, con una maggioranza di 4/7, individuerà, articolo per articolo, eventuali contraddizioni con i dodici principi concordati dalle forze politiche nel quadro del cosiddetto Accordo per il Cile, firmato il 12 dicembre scorso da 14 partiti, dall’Udi fino al Frente Amplio e al Partido Comunista. Dodici paletti che mantengono l’essenziale della Costituzione di Pinochet, riguardo sia al modello economico che al sistema politico.

Scomparso, ovviamente, qualsiasi riferimento alla plurinazionalità: «La Costituzione – si legge nel testo dell’accordo – riconosce i popoli indigeni come parte della nazione cilena, che è una e indivisibile». E, coerentemente, sono scomparsi anche quei seggi (17) che erano stati riservati ai popoli originari per l’elezione della Convenzione costituente nel maggio del 2021. Appena due anni fa, anche se sembra passato un secolo.

Non sorprende allora che, tra le forze sociali che durante l’estallido social dell’ottobre 2019 erano state scippate all’ultimo di un’Assemblea costituente libera e sovrana, si moltiplichino gli appelli per il voto nullo o per l’astensione (quest’ultima ostacolata però dal voto obbligatorio).

NON HA PRESA STAVOLTA sui movimenti popolari, infatti, né la rivendicazione di Boric di cambiamenti «nella misura del possibile», né il solito argomento del male minore e neppure quella sorta di ricatto sempre tanto in voga all’interno del centro-sinistra riguardo alla necessità di votare per «non fare il gioco della destra». Perché, in realtà, è proprio la destra l’unico vero giocatore in campo in questo secondo atto del processo costituente, dopo aver già imposto la sua agenda politica nel segno della tutela dell’ordine e della sicurezza.

Non è un caso che gli stessi partiti oligarchici che, prima del catastrofico plebiscito del 4 settembre 2022, accusavano il governo Boric di interventismo elettorale, oggi gli rimproverano di non fare abbastanza per informare la popolazione sul voto in programma oggi.

QUANTO AL PRESIDENTE, che, negando qualsiasi evidenza, aveva salutato l’Accordo per il Cile come una via per «risolvere i problemi della democrazia con più democrazia», ha dichiarato di confidare «profondamente nella saggezza democratica del popolo del Cile», ponendo l’accento sulla «necessità di adeguare le norme che reggono la nostra convivenza ai tempi che stiamo vivendo».

* Fonte/autore: Claudia Fanti, il manifesto



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