Zelensky cambia linea: «Soluzione politica» in Crimea

Zelensky cambia linea: «Soluzione politica» in Crimea

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L’intervista del presidente ucraino, che apre alle elezioni per l’anno prossimo in cambio di nuovi fondi per l’Ucraina

 

Soluzione politica per la Crimea, attacchi in territorio russo ed elezioni in Ucraina. Zelensky per una sera ha abbandonato l’uniforme del soldato a difesa della democrazia e si è rivestito da statista moderato e lungimirante. Durante una lunga intervista sul canale tv ucraino 1+1, infatti, il presidente ha trattato alcune tematiche fondamentali per i prossimi mesi del conflitto e ne ha approfittato per tentare di rassicurare gli alleati occidentali.

POCHE ORE DOPO, tuttavia, dalla Germania è arrivata una nuova tegola per il governo di Kiev: la rivista Der Spiegel sostiene che l’inchiesta sull’attentato al gasdotto Nord Stream si è arricchita di nuove prove contro i servizi segreti di Zelensky. «Se fosse confermata la responsabilità dell’Ucraina» si chiedono i giornalisti autori dell’inchiesta, «ciò porrebbe fine al continuo sostegno della Germania al Paese mediante la fornitura di carri armati o, potenzialmente, anche di jet da combattimento?».
Che non sia un periodo semplice per il governo di Kiev è scontato. E non solo a causa del conflitto in corso. Lo stallo della controffensiva sta causando diversi grattacapi all’amministrazione ucraina e non è da escludere che la mancanza di successi nel breve termine possa portare gli alleati occidentali a rimodulare il proprio sostegno al Paese invaso dalla Russia lo scorso febbraio. I quotidiani Usa ne scrivono da un mese ormai: «In Ucraina si dovrà trattare», titolava il Washington Post a metà agosto citando funzionari anonimi dell’amministrazione Biden.

«La controffensiva sembra progressivamente destinata a fallire» rincarava la dose il New York Times citando «obiettivi troppo ambiziosi» e una «strategia infruttuosa». Nel frattempo, dagli ambienti della Nato, trapelano dichiarazioni che sembrano volte a sondare il terreno: e se l’Ucraina mettesse sul tavolo negoziale la Crimea? «È fuori questione» rispondono da Kiev, «prima i russi se ne andranno dal nostro territorio abbandonando le regioni occupate, compresa la Crimea, e poi potremo intavolare una trattativa». Il tutto secondo il «piano di pace in 10 punti» proposto dal presidente Zelensky e rilanciato urbi et orbi in ogni sede internazionale dai fedelissimi del presidente.

ECCO PERCHÉ le dichiarazioni di domenica sera del capo di stato hanno destato un certo clamore. «È preferibile e possibile negoziare una soluzione politica per la Crimea piuttosto che riportarla sotto il controllo ucraino con la forza militare» ha risposto Zelensky alla giornalista Natalia Moseichuk che lo interrogava sui piani del governo per la penisola. «Quando saremo ai confini amministrativi della Crimea, penso che sia possibile forzare politicamente la smilitarizzazione della Russia sul territorio della penisola» ha poi aggiunto il presidente. Non è la prima volta che da Kiev si registra un’apertura di questo tipo, ma in passato la smentita dei vari consiglieri di gabinetto era stata unanime. Stavolta la dichiarazione di Zelensky sembra più ponderata. Gli alleati chiedono di lasciare una finestra aperta e noi lasciamola.

NON SOLO: gli Usa hanno fatto capire in più di un’occasione che non vogliono essere coinvolti in un eventuale inasprimento del conflitto a causa degli attacchi ucraini sul territorio russo e allora Zelensky ha chiarito che «credo sarebbe un grosso rischio», contrariare i partner internazionali che sono un fattore determinante per ogni vittoria, «verremmo senz’altro lasciati soli». E sull’eccessivo uso della legge marziale, con la conseguente svolta autoritaria del governo centrale di Kiev, Zelensky ha addirittura aperto alle elezioni parlamentari per l’anno prossimo. «La logica è che se si difende la democrazia, anche in tempo di guerra bisogna pensare a questa difesa» ha chiarito il presidente prima di chiedere ulteriori fondi e sostegno da parte degli alleati internazionali.

* Fonte/autore: Sabato Angieri, il manifesto



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