Gaza. Israele attacca al-Mawasi «zona sicura» e i camion di farina dell’ONU

Gaza. Israele attacca al-Mawasi «zona sicura» e i camion di farina dell’ONU

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A Gaza si superano i 29.300 uccisi in quasi 140 giorni di offensiva israeliana. La Cnn accusa: raid contro gli aiuti diretti al nord. L’Arcc pubblica il rapporto sugli stupri del 7 ottobre

 

Non si sa se nel mirino ci fosse Nasser Abu al-Nour, preside di infermieristica all’Università islamica di Gaza, o sua figlia Nour Abu al-Nour, avvocata per i diritti umani del Pchr (Palestinian Center for Human Rights). La loro casa a Rafah è stata colpita da una bomba israeliana alle 22 del 20 febbraio. Sono morti tutti: Nasser, Nour, sua figlia di due anni Kenzi, la madre Mjida, tre delle sue sorelle e un fratello.

«NESSUN avvertimento prima del raid – dice il Pchr – La nostra collega Nour lavorava all’Unità per i diritti delle donne, in questi anni ha trovato rifugio a molte donne vittime di violenze». La società civile gazawi sta pagando un prezzo enorme, insieme al mondo culturale e accademico. E sanitario: il Nasser Hospital, ha detto ieri Jonathan Whittall, funzionario dell’agenzia delle Nazioni unite Ocha in missione a Gaza, «è diventato un posto di morte».

Nel principale ospedale di Khan Younis, «ci sono 150 pazienti in uno degli edifici, non hanno cibo, acqua, elettricità. Ci sono pochi medici e infermieri. Ci sono corpi senza vita nei corridoi». Sono alcuni dei 29.313 uccisi nella Striscia dall’offensiva israeliana, dal 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas nel sud di Israele che ha provocato quasi 1.130 uccisi.

Ieri l’esercito israeliano ha ordinato l’evacuazione dei quartieri di Gaza City, Zeitoun e Turkmen: chi ancora ci vive dovrebbe muoversi verso al-Mawasi, a 30 km di distanza, pezzetto di costa dove si stanno ammassando centinaia di migliaia di sfollati. Anche lì però cadono le bombe: nella notte tra il 20 e il 21 i raid si sono susseguiti per circa tre ore. Raid anche su Nuseirat e Rafah, nella Striscia, ma anche nel sud del Libano (due uccise, una donna e sua figlia di 5 anni) e a Damasco (due vittime).

Risale invece al 5 febbraio il bombardamento da una nave militare di camion di aiuti targati Onu nel centro di Gaza. Erano diretti verso il nord, ormai in piena carestia. Lo ha svelato ieri un’inchiesta della Cnn secondo cui uno dei 10 camion è stato distrutto disperdendo il contenuto, farina e altri generi alimentari. È in tale contesto che ieri la Knesset, il parlamento israeliano, ha preferito riunirsi per votare la «dichiarazione di posizione» proposta dal governo Netanyahu, il rigetto di una qualsiasi forma statuale per il popolo palestinese.

DI 120 PARLAMENTARI solo nove si sono opposti. Probabile che il voto sia giunto a ribadire un pallino del primo ministro, dagli anni ’90 orgoglioso affondatore degli Accordi di Oslo. Ed è arrivato proprio mentre alla Corte internazionale di Giustizia dell’Aja si discute di illegittimità dell’occupazione militare dei Territori palestinesi.

E mentre il ministro delle finanze israeliano Smotrich va all’attacco delle famiglie dei 136 ostaggi ancora a Gaza (la loro liberazione non è la priorità, ha detto), ieri l’Association of Rape Crisis Centers ha pubblicato un rapporto – inviato anche alle Nazioni unite – sugli stupri commessi dai miliziani di Hamas il 7 ottobre. Le violenze sessuali sono state «sistematiche e intenzionali», scrive il gruppo, al fine di «danneggiare strategicamente Israele» attraverso «terrore sadico» volto a «rafforzarne l’impatto su vittime e comunità».

Secondo il rapporto, stupri sono stati commessi nei quattro principali luoghi dell’attacco, aggiungendo che mancano «informazioni quantitative per la natura degli eventi, molti risultati nella morte delle vittime» o per la difficoltà a denunciare.

A gennaio il Guardian aveva individuato le prove di almeno sei stupri. Il New York Times aveva identificato oltre 30 donne con segni di abusi. Nei mesi passati, scrive il ministero israeliano del welfare, cinque donne e un uomo hanno chiesto aiuto psicologico per gli abusi sessuali subiti.

***

Muore in prigione il nono detenuto

Fadi Suleiman, 15 anni, è stato colpito al petto ieri da un proiettile sparato da soldati israeliani nella cittadina di Azun a est di Qalqiliya, Cisgiordania occupata. È morto poco dopo in ospedale. Sono 101 i minori palestinesi uccisi in Cisgiordania dal 7 ottobre. Si muore anche in carcere: ieri la Commissione dell’Anp per gli affari dei prigionieri ha denunciato il decesso del nono detenuto politico negli ultimi quattro mesi e mezzo.

Si tratta di Khaled Shawish, originario di Tuba e membro delle Brigate dei Martiri di al-Aqsa (Fatah), era in una cella israeliana dal 2007, condannato a undici ergastoli. L’autorità carceraria conferma la morte ma non dà dettagli sulle cause. Shawish, 53 anni, era disabile: nel 2001 una pallottola sparata dall’esercito israeliano lo aveva costretto su una sedia a rotelle.

* Fonte/autore: Chiara Cruciati, il manifesto

 

 

ph by Palestinian Center for Human Rights



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