Libia, altri 150 morti nel naufragio che nessuno aveva raccontato

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ZUWARA (Libia) – Sarebbero circa 150 le vittime dell’ennesimo naufragio, quello non raccontato, che si è consumato al largo della costa libica, proprio ad un anno dalla tragedia del 3 ottobre. Oltre i due barconi rovesciatisi a tre miglia dalla costa di Tripoli in cui sarebbero andate disperse 130 persone, come riportato dal Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir), nelle stesse ora un terzo barcone è naufragato a circa 10 miglia dalla costa di Zuwara, città libica al confine con la Tunisia.
Sul barcone viaggiavano 265 persone e solo 80 sarebbero i sopravvissuti, hanno raccontato gli uomini della sicurezza di Zuwara che hanno fatto scattare immediatamente le operazioni di soccorso.
Tra i sopravvissuti risultano anche tre minori non accompagnati, due siriani e un nigeriano. Una bimba siriana di 6 anni, sulla cui identità le autorità di Zuwara mantengono il riserbo, avrebbe assistito personalmente alla morte dei due genitori. Uno dei soccorritori ha raccontato: “Ero in mare tra decine di migranti in panico. Una donna allo stremo delle forze mi ha messo tra le braccia sua figlia, appena in tempo prima di essere inghiottita dal mare”. La bambina, trasportata in ospedale insieme agli altri sopravvissuti, era in stato di shock. “Ora la bambina è sotto la custodia di una famiglia locale”, ha detto Il capo del Comitato di Crisi della città Amazigh, Musaddag Jihash.
Nell’arco di 48 ore tutti i sopravvissuti sono stati dimessi dall’ospedale, nessuno ha presentato particolari traumi fisici, hanno raccontato fonti ospedaliere. “Molti di loro saranno tornati alla ricerca di un trafficante per imbarcarsi sul prossimo barcone per l’Europa”, ha commentato a denti stretti un membro dell’Unità Anti-Crimine impegnata sul fronte del contrasto al traffico dei migranti a Zuwara, città Amazigh considerata il maggior snodo dello smuggling degli esseri umani dalla Libia verso l’Europa.
Il capo della sala operativa delle Forze congiunte di Zuwara, che vede insieme l’unità anti-crimine nata nel 2012 in seno al Capo di stato maggiore e le brigate locali, ha dichiarato: “Noi siamo forze di sicurezza e dovremmo lavorare sulla prevenzione. Tuttavia non possiamo tirarci indietro dietro all’emergenza umanitaria che si consuma nella nostra città e, dunque, ci occupiamo anche del salvataggio e del recupero dei corpi”.
Da giovedì mattina la spiaggia di Zuwara si è trasformata in un campo di battaglia. Uno ad uno i corpi riemergono dall’acqua: entro la serata di domenica, il mare ha restituito circa 30 corpi. Gli uomini della sicurezza, insieme a decine di volontari, presidiano la costa in attesa di avvistare per primi nuovi corpi, nel tentativo disperato di risparmiare il macabro spettacolo ai cittadini comuni. “Sabato ero con la mia famiglia a festeggiare l’Eid, quando mio zio mi ha fatto un cenno per indicarmi un corpo emerso proprio davanti a casa sua, sulla spiaggia”, ha raccontato un ragazzo di Zuwara che si è rifiutato di rivelare la sua identità.
Il capo del comitato di crisi ha usato parole molto forti: “Siamo oramai disposti a combattere anche contro i nostri figli pur di porre fine a questa tragedia”. (Nancy Porsia)
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