Jobs act, le opposizioni abbandonano: «Farsa»

Jobs act, le opposizioni abbandonano: «Farsa»

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Hanno dato bat­ta­glia dalle otto di mat­tina alle otto di sera, ma alla fine tutte le oppo­si­zioni, dopo aver votato l’ennesimo no, sta­volta al ’nuovo’ art. 18, hanno abban­do­nato l’aula del quarto piano di Mon­te­ci­to­rio dove, da dome­nica pome­rig­gio, si con­suma il con­fronto sul jobs act. Gior­gio Airaudo, l’ex Fiom ora in Sel che pro­pone di lasciare la mag­gio­ranza «a can­tar­sela e a suo­nar­sela», a quell’ora è furi­bondo: «La mag­gio­ranza si è blin­data, la discus­sione è una finta. Ne sap­piamo di più dai gior­na­li­sti che dalla mag­gio­ranza. Sco­priamo che l’emendamento Gnec­chi (la rifor­mu­la­zione del nuovo art.18, ndr) è in realtà emen­dato da Sac­coni. Abbiamo votato modi­fi­che les­si­cali, un «anche», una vir­gola, un «ten­den­zial­mente». Una pena, anzi una farsa. Li aspet­tiamo in aula». Lo seguono i rap­pre­sen­tanti di tutte le oppo­si­zioni, spesso con ragioni oppo­ste fra loro: Sel, 5 stelle, Lega, Fdi, Forza Italia.

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Infatti la for­zi­sta Anna­ma­ria Cala­bria lamenta «una riforma arren­de­vole e viziata dai retaggi ideo­lo­gici e cor­po­ra­ti­vi­sti della sini­stra Pd». Una defi­ni­zione gene­rosa, rega­lone per la sini­stra Pd che ha trat­tato per sal­vare la pelle nel par­tito e la fac­cia di fronte al pro­prio elet­to­rato di rife­ri­mento, i lavo­ra­tori che in que­sti giorni scen­dono in piazza. Ma il secondo obiet­tivo, sal­vare la fac­cia, è una mis­sione impos­si­bile. Il nuovo art.18 è un passo indie­tro per­sino all’accordo interno al Pd, gra­zie alle pro­te­ste dell’ultima ora di Mau­ri­zio Sac­coni. La nuova for­mu­la­zione esclude il rein­te­gro per i licen­zia­menti eco­no­mici e lo pre­vede solo in caso di «licen­zia­menti nulli e discri­mi­na­tori» e di «spe­ci­fi­che fat­ti­spe­cie di licen­zia­mento disci­pli­nare ingiu­sti­fi­cato, non­ché pre­ve­dendo ter­mini certi per l’impugnazione del licen­zia­mento». Per le «fat­ti­spe­cie» però il governo si auto­de­lega a scri­verle nei decreti. E con­si­de­rando la fretta che ha — il testo deve essere ope­ra­tivo dal gen­naio 2015 — sarà già tanto se que­sti decreti saranno letti dalle com­mis­sioni com­pe­tenti, che comun­que non hanno diritto di met­terci mano. La sini­stra Pd esulta per il risul­tato, pre­gando — in sepa­rata sede — che la nuova for­mu­la­zione non si tra­sformi in una pos­si­bi­lità per­sino di peg­gio­rare il testo pre­ce­dente, come alcuni giu­sla­vo­ri­sti già sosten­gono. Fatto sta che, dopo uno scon­tro a favore di tele­ca­mere, ora il pre­si­dente Cesare Damiano, pre­si­dente della com­mis­sione e punta dei trat­ta­ti­vi­sti della sini­stra, e Mau­ri­zio Sac­coni, ex mini­stro ber­lu­sco­niano e falco Ncd, usano le stesse parole di «sod­di­sfa­zione». «Hanno vinto i rifor­mi­sti di destra e sini­stra», twitta l’ex mini­stro. Nun­zia De Giro­lamo cer­ti­fica: «Ncd porta a casa l’abolizione dell’art.18». Per Pippo Civati «il Pd si ’sacconizza’».

Durante la lunga gior­nata erano pas­sate le nuove for­mu­la­zioni anche sugli altri temi sen­si­bili della delega: deman­sio­na­menti, ammor­tiz­za­tori sociali, con­trollo a distanza. Tutte appro­vate nella ver­sione Pd-Ndc. Potranno essere video­sor­ve­gliati «gli impianti e gli stru­menti di lavoro»: se, com’è ovvio, davanti ci saranno anche i lavo­ra­tori, se ne faranno una ragione. Almeno fin­ché il testo non pas­serà al vaglio di un giu­dice. Quanto all’abolizione degli ammor­tiz­za­tori per le aziende che chiu­dono, ancora Airaudo spiega che «fosse già stato così la Fiat non avrebbe potuto com­prare Ber­tone, che pro­duce Maserati».

Passi indie­tro anche sulle dimis­sioni in bianco, il dif­fuso ricatto che pende sulle lavo­ra­trici al momento dell’assunzione. La mag­gio­ranza, anche qui obbe­dendo al niet a Sac­coni, ha affos­sato una legge già appro­vata alla camera. E ieri ha boc­ciato l’emendamento di Sel. A difen­dere il no è stata pro­prio la loro ex com­pa­gna di par­tito, già sin­da­ca­li­sta e pasio­na­ria della bat­ta­glia Titti Di Salvo: «Il governo ha chia­rito l’impegno a for­mu­lare una norma in un decreto». Tutto sta ad avere fiducia.

Fidu­cia che del resto verrà pre­sto richie­sta. La legge arri­verà in aula il 26 novem­bre, le oppo­si­zioni pro­met­tono fuo­chi arti­fi­ciali. Ammette il mini­stro Poletti: «La fidu­cia dai tempi di appro­va­zione». Insomma ci vorrà.



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  Ieri mattina sembrava il day after dei vecchi Festival di Sanremo, quando Claudio Villa sfidava Toni Dallara sulle petunie calpestate dalla folla all’ingresso del Teatro Ariston. Come allora, terminata la gara più sgangherata del mondo, non duello ma duetto, gli italiani, e soprattutto quelli – smarriti – di sinistra, si sono messi a dire che «Silvio Berlusconi ha vinto» e a spiegare perché «Michele Santoro ha perso».

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