Tensione nei partiti ma il premier conta sul «sì» di tutti

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«Bisogna andare avanti, ma non come i gamberi», ha detto il leader centrista drizzando le orecchie su quanto avveniva in tema di liberalizzazioni. Evidentemente, il cedimento dell’altro ieri sui taxi e le farmacie rischia di essere percepito come la dimostrazione che il governo spedisce messaggi contraddittori e si può imbrigliare. Ma soprattutto, incrinato un principio, i provvedimenti sono esposti all’aggressione o allo svuotamento da parte delle corporazioni.
La lettera inviata dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, a Monti e ai presidenti delle Camere, Renato Schifani e Gianfranco Fini, cerca di scongiurarlo sul versante del «Milleproroghe», il decreto chiamato a risolvere alcune questioni rimaste in sospeso. Il presidente della Repubblica chiede di non stravolgere con emendamenti impropri leggi che altrimenti rischiano di essere giudicate incostituzionali dalla Consulta. Insomma, la strategia del governo dei tecnici deve fare i conti con resistenze diffuse. Il rinvio a oggi della riunione della commissione che si occupa di liberalizzazioni conferma la difficoltà  di piegare le dinamiche parlamentari.
La determinazione di Pdl, Pd e Udc a sostenere Monti fino al 2013 marcia in parallelo con interessi e frustrazioni trasversali. Ieri sera il presidente del Consiglio ha ricevuto a palazzo Chigi il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, per parlare di riforma del mercato del lavoro: tema considerato sia da Monti, sia dal presidente della Bce, Mario Draghi, una delle questioni sulle quali si giocano la credibilità  europea del governo, e la capacità  del premier di tenere unita la propria maggioranza. Ma i fronti sono più d’uno, e fanno spuntare altri spigoli.
Il problema è capire fin dove sarà  accettato il compromesso, con una sinistra percorsa da forti tensioni e la Cgil ferma sul «no». Bersani promette che il Pd non parteciperà  a manifestazioni contro Monti; e dopo il colloquio a palazzo Chigi dice di avere colto «l’intenzione vera di voler trovare una soluzione». Ma probabilmente sarà  necessaria una pressione al limite della forzatura sui gruppi parlamentari del Pd: anche perché il governo non vuole essere accusato di provocare lacerazioni all’interno dei partiti alleati. Ma l’Idv indurisce, se possibile, l’opposizione. Antonio Di Pietro accusa Monti di «chiedere la fiducia e poi fregarsene, come Berlusconi». E la Lega di Umberto Bossi annuncia «rottura totale» col Cavaliere, reo di appoggiare l’Esecutivo dei tecnici.
Il risultato è che nei prossimi giorni il premier potrebbe essere costretto a presentare i provvedimenti su uno sfondo di tensione crescente. Monti ieri ha ribadito che è «doveroso» dialogare con il Parlamento; ma ha anche precisato che il suo «governo breve» si propone «obiettivi lunghi», al contrario del passato. Per questo accoglierà  alcune proposte di modifica ritenute «migliorative», non altre. L’irrigidimento delle opposizioni costringe i tre partiti che sostengono la sua coalizione anomala a non disunirsi. E dimostra quanto sia velleitario pensare a «maggioranze variabili» che si saldano sulle singole misure: la bocciatura di alcuni provvedimenti, ieri alla Camera, le fa apparire un azzardo. Volenti o nolenti, gli avversari di ieri sono obbligati a camminare insieme fino al 2013.


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