Il mistero del turista prigioniero in Iran: è un agente della Cia

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E quando va in pensione, nel 1998, diventa investigatore privato. Ma non solo. Un vecchio contatto alla Cia, Anne Jablonski, funzionaria del dipartimento «crimine e riciclaggio», lo «porta a bordo» offrendogli un lavoro a contratto. Inizialmente dovrebbe tenere lezioni, in realtà torna sul campo e lo usano per missioni sotto copertura. Un’attività — secondo quanto rivelato dall’Associated Press — che è gestita dalla Jabonskly insieme ad alcuni colleghi ma che è ignorata dai superiori. La donna paga le spese di viaggio, si occupa della logistica, «pilota» Levinson, avvertito di non contattare gli uffici amministrativi.
Il rapporto di fiducia tra i due è tale che Bob viene mandato, nel dicembre 2007, a Kish, Iran. Il suo contatto è un americano convertito all’Islam, David Belfield alias Dawud Salahuddin, responsabile dell’omicidio di un esule iraniano negli Usa nel 1980. Levinson lo vede in un albergo, poi sparisce lasciando nell’angoscia la famiglia e senza news i suoi referenti. Da quel momento le autorità Usa cercano di contenere il caso. Prima sostengono che Levinson faceva il turista, quindi che «era in Iran per indagare sul contrabbando». Nel contempo cercano di capire cosa sia accaduto, coinvolgono il Vaticano senza avere successo, offrono un milione di dollari come ricompensa. Gli iraniani oppongono un muro di gomma negando di avere informazioni. A Washington ipotizzano che l’ex agente sia nelle mani dei servizi khomeinisti per un futuro scambio, anche se inizialmente non è stato esclusa un’azione della mafia russa.
Nel 2010 il lungo silenzio si interrompe. Alla moglie arrivano un video e alcune foto, spedite via email forse dall’Afghanistan o dal Belucistan (anche se si pensa sia un trucco). Nel filmato Levinson chiede aiuto. I familiari indagano e scovano il legame con la Cia. La reazione dell’agenzia è imbarazzata. L’intelligence chiede il riserbo e versa oltre 2 milioni di dollari alla moglie affinché tenga tutto coperto. Qualcosa però filtra e l’Associated Press, sempre nel 2010, scopre il segreto ma accetta di non divulgarlo per non mettere a rischio la vita dell’ostaggio. Dopo aver atteso tre anni l’Ap decide di pubblicare l’intera storia, mossa che le ha attirato critiche dall’amministrazione Obama. Il seguito non è meno agitato. Sette funzionari della Cia sono stati sanzionati per la loro condotta e tre licenziati dopo un’inchiesta interna che non ha chiarito le molte incongruenze: 1) Levinson è stato reclutato per un’iniziativa personale della Jablonski (contro le regole interne) oppure era la strada per inviare un agente «informale» in Iran? 2) È stato lui ad offrirsi? 3) Possibile che un professionista come Levinson abbia rischiato di recarsi nella tana del lupo? 4) È stato tradito da un contatto? Tutto è possibile in una spy story che ha trasformato Bob Levinson, sempre che sia ancora in vita, nel cittadino americano tenuto più a lungo in ostaggio. In novembre ha superato Terry Anderson, il giornalista Usa rapito negli anni Ottanta da un gruppo filoiraniano. Pensa le coincidenze.
Guido Olimpio


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